"Ai miei fratelli presbiteri". Il Papa scrive ai sacerdoti di tutto il mondo ricordando i 160 anni dalla morte del Curato d’Ars, San Giovanni Maria Vianney, patrono dei parroci. Una lettera che esprime incoraggiamento e vicinanza ai preti, che «senza fare rumore" lasciano tutto per impegnarsi nella vita quotidiana delle comunità; a quelli che, lavorano in «trincea"; a quelli che ogni giorno ci mettono la faccia senza darsi troppa importanza, "affinché il popolo di Dio sia curato e accompagnato». «Mi rivolgo a ciascuno di voi - scrive Francesco - che, in tante occasioni, in maniera inosservata e sacrificata, nella stanchezza o nella fatica, nella malattia o nella desolazione, assumete la missione come un servizio a Dio e al suo popolo e, pur con tutte le difficoltà del cammino, scrivete le pagine più belle della vita sacerdotale». La lettera si apre però con una nota di «dolore» e uno sguardo allo scandalo degli abusi. «Negli ultimi tempi abbiamo potuto sentire più chiaramente il grido, spesso silenzioso e costretto al silenzio, dei nostri fratelli, vittime di abusi di potere, di coscienza e sessuali da parte di ministri ordinati», osserva il Papa. «Come sapete siamo fortemente impegnati nell’attuazione delle riforme necessarie per dare impulso, dalla radice, ad una cultura basata sulla cura pastorale in modo che la cultura dell’abuso non riesca a trovare lo spazio per svilupparsi e, ancor meno, perpetuarsi», rileva. «Non è un compito facile e, a breve termine, richiede l'impegno di tutti - aggiunge Francesco -. Se in passato l'omissione ha potuto trasformarsi in una forma di risposta, oggi vogliamo che la conversione, la trasparenza, la sincerità e la solidarietà con le vittime diventino il nostro modo di fare la storia e ci aiutino ad essere più attenti davanti a tutte le sofferenze umane». Ma - spiega ancora il Papa - pur senza "misconoscere il danno causato», sarebbe «ingiusto non riconoscere tanti sacerdoti che in maniera costante e integra offrono tutto ciò che sono e che hanno per il bene degli altri». Quei preti «che fanno della loro vita un’opera di misericordia in regioni o situazioni spesso inospitali, lontane o abbandonate, anche a rischio della propria vita». Il Papa li ringrazia «per il coraggioso e costante esempio» e scrive che i "tempi della purificazione ecclesiale che stiamo vivendo ci renderanno più gioiosi e semplici e in un futuro non troppo lontano saranno molto fruttuosi». Invita a non scoraggiarsi, perché «il Signore sta purificando la sua Sposa e ci sta convertendo tutti a sé. Ci sta facendo sperimentare la prova perché comprendiamo che senza di Lui siamo polvere». E le altre parole-chiave della lunga lettera, diffusa in almeno otto lingue tra cui l’arabo, sono proprio «gratitudine», «coraggio», «lode». Ricordando poi all’Angelus la festa del Curato d’Ars, il Papa spiega di aver voluto scrivere ai preti «per incoraggiarli nella fedeltà alla missione alla quale il Signore li ha chiamati». «La testimonianza di questo parroco umile e totalmente dedito al suo popolo - oggi - aiuti a riscoprire la bellezza e l’importanza del sacerdozio ministeriale nella società contemporanea». E ai sacerdoti si rivolge anche in due tweet per la ricorrenza, spiegando di aver scritto «a tutti voi, che, assumendo la missione come un servizio a Dio e al suo popolo, scrivete le pagine più belle della vita sacerdotale». «Grazie per la gioia con cui avete saputo donare la vostra vita, grazie per tutte le volte che avete accolto quanti erano caduti, curando le loro ferite, mostrando tenerezza e compassione», conclude. (ANSA)