Si è perfettamente inserita nel nostro territorio, avviando significative sinergie criminali con le organizzazioni mafiose autoctone e diventando essa stessa un'associazione di stampo mafioso. Stiamo parlando della mafia nigeriana cui la seconda Relazione semestrale 2018 della Dia dedica un capitolo a parte, a conferma dell'importanza che questa realtà sta assumendo in Italia. La stessa Cassazione ne ha esaltato i caratteri tipici della mafiosità, rappresentati dal vincolo associativo, dalla forza di intimidazione, dal controllo di parti del territorio e dalla realizzazione di profitti illeciti. Il tutto - osserva la Dia - "sommato ad una componente mistico-religiosa, a codici di comportamento ancestrali e a un uso indiscriminato della violenza". La mafia nigeriana "è tribale e spietata, difficile da decifrare nelle dinamiche interne" Dal Nord Italia "si è diffusa progressivamente su tutto il territorio nazionale, fino in Sicilia, dove ha trovato un proprio spazio, anche con il sostanziale placet di Cosa Nostra". I nigeriani, al di la' dell'adozione di "pratiche primitive", come i riti voodoo, "declinano in maniera sorprendente grandi capacità nell'impiego di tecnologie avanzate e nella realizzazione di sistemi finanziari paralleli, grazie ai quali fanno affluire, verso la terra di origine, ingenti somme di denaro acquisite con le attività illegali". Questa mafia, che ha come riferimento un network criminale internazionale con base proprio in Nigeria, fa affari con la droga e la tratta di persone ridotte in schiavitù, "non di rado mimetizzate fra i flussi di immigrati clandestini". La Dia ricorda nella sua Relazione che anche in Nigeria, dove Boko Haram continua a diffondersi, esistono posizioni estremiste filo-islamiche e invita per questo motivo a riservare la massima attenzione verso i nostri istituti di pena "per evitare che si alimentino percorsi di radicalizzazione". Non a caso la procura nazionale antimafia e antiterrorismo ha attivato e consolidato da tempo un canale di collegamento con la magistratura nigeriana per un costante scambio di dati e informazioni, nell'auspicio che tutto ciò porti a "investigazioni più mirate e maggiormente efficaci". Una cooperazione giudiziaria, però, che deve cominciare anzitutto dall'Unione Europea. Intanto, messa in ginocchio da ripetuti provvedimenti di sequestro e confisca beni e da numerosi arresti di affiliati, Cosa Nostra è ancora "pervasiva e dotata di dinamismo e potenzialità offensiva". L'operazione denominata 'Cupola 2.0" del 4 dicembre 2018 ha documentato il primo tentativo dopo la morte di Toto' Riina di riorganizzare la commissione provinciale, che non si era più potuta riunire dal gennaio del 1993 dopo l'arresto del boss di Corleone. Il 'pizzo' - fanno sapere gli analisti della Dia - rappresenta la fonte primaria di sostentamento della Costa Nostra palermitana mentre i mandamenti di Trapani e Alcamo, nella loro stabilità, continuano a fare riferimento a esponenti di storiche famiglie mafiose seppure condannati all'ergastolo. Quello di Castelvetrano ha sullo sfondo sempre la figura di Matteo Messina Denaro la cui latitanza si protrae dal 1993 grazie "a un'estesa rete di complici e favoreggiatori e una cospicua disponibilità di mezzi e di ricorse economico-finanziarie".