«Non ho mai svenduto le mie funzioni di magistrato né ho gettato discredito sui colleghi». Per la prima volta il pm romano Luca Palamara prende la parola davanti alla Sezione disciplinare del Csm, che deve decidere se sospenderlo dalle funzioni e dallo stipendio per le vicende emerse nell’ambito dell’inchiesta di Perugia, dove è accusato di corruzione. E si difende «con fermezza e con tono accorato», come raccontano al termine della deposizione i suoi legali, gli avvocati Roberto Rampioni e Benedetto Marzocchi Buratti. L'udienza si svolge infatti a porte chiuse, dopo che la Sezione disciplinare ha rigettato la richiesta dei legali di ricusare due giudici, i togati di Autonomia e Indipendenza Piercamillo Davigo e Sebastiano Ardita. E alla fine il collegio si riserva la decisione sulla misura chiesta dal Pg della Cassazione, Riccardo Fuzio, finito a sua volta indagato a Perugia. Pronuncia che dovrebbe arrivare comunque in «tempi solleciti», forse già domani. Palamara parla per ultimo, dopo i suoi avvocati e soprattutto dopo che il collegio giudicante presieduto dal laico dei 5S Fulvio Gigliotti ha già ascoltato i rappresentanti dell’accusa, gli avvocati generali della Cassazione Pietro Gaeta e Luigi Salvato. E si difende attaccando, come aveva già fatto quando è stato ascoltato dai magistrati di Perugia. Il centro dell’accusa sono i suoi rapporti con l’imprenditore Fabrizio Centofanti, dal quale avrebbe ricevuto regali e viaggi e in cambio avrebbe messo le sue funzioni a disposizione dell’uomo di affari. E lui replica rivendicando quell'amicizia e spiegando che anche altri colleghi magistrati hanno frequentato l’imprenditore. Stavolta però non fa i nomi, come aveva fatto invece davanti ai pm di Perugia, citando il presidente della Corte dei Conti Raffaele Scutieri, l’ex procuratore di Roma Giuseppe Pignatone e ufficiali della Guardia di finanza e dei carabinieri. E esclude di aver voluto gettare fango sui colleghi, a cominciare dal procuratore aggiunto di Roma Paolo Ielo, come invece gli contesta l’accusa, secondo la quale con Luca Lotti avrebbe discusso delle «possibili strategie di discredito» proprio nei confronti del pm titolare dell’inchiesta Consip, e avrebbe tenuto un «comportamento gravemente scorretto» nei confronti dei colleghi che si erano candidati per il posto di procuratore di Roma, sempre per aver discusso con l’esponente del Pd, oltre che con alcuni consiglieri del Csm, «della strategia da seguire ai fini della nomina». «Per noi non ci sono i presupposti per la sospensione, siamo fiduciosi», dicono i suoi avvocati ai giornalisti. Se invece alla fine la Sezione disciplinare dovesse decidere per la sospensione a Palamara sarebbe comunque riconosciuto un «assegno alimentare».