Lunedì 23 Dicembre 2024

Migranti, nuova sfida della Sea Watch: nave diretta verso Lampedusa. Il Viminale: "Non entri in Italia"

Dopo aver lasciato le acque di ricerca e soccorso libiche la Sea Watch 3, con a bordo 52 migranti soccorsi, dalla tarda mattinata ha puntato la rotta verso Nord, in direzione Lampedusa, che si trova a poche ore di navigazione. Le autorità di polizia dovranno porre in essere «ogni possibile forma di diffida, nonchè di intimazione di divieto di ingresso e transito nelle acque territoriali, in caso di eventuale avvicinamento dell’imbarcazione in acque di responsabilità italiane». E’ quanto prevede una direttiva preventiva diffusa dal Viminale. La direttiva dispone «di vigilare affinchè il comandante e la proprietà della nave Sea Watch 3 si attengano alle vigenti normative nazionali ed internazionali in materia di coordinamento delle attività di soccorso in mare; rispettino le prerogative di coordinamento delle Autorità straniere legittimamente titolate ai sensi della vigente normativa internazionale al coordinamento delle operazioni di soccorso in mare nelle proprie acque di responsabilità dichiarate e non contestate dai paesi costieri limitrofi; non reiterino condotte in contrasto con la vigente normativa nazionale, europea ed internazionale in materia di soccorso in mare, di immigrazione, nonchè con le istruzioni di coordinamento delle competenti Autorità». Peraltro, si legge nella direttiva, «un eventuale transito della nave Sea Watch 3 nell’area marittima di competenza italiana in violazione delle disposizioni in materia di immigrazione si configurerebbe, necessariamente, quale passaggio «non inoffensivo». Il Vimianle rileva inoltre che l’attività della nave «può determinare rischi di ingresso sul territorio nazionale di soggetti coinvolti in attività terroristiche o comunque pericolosi per l’ordine e la sicurezza pubblica, in quanto trattasi nella totalità di cittadini stranieri privi di documenti di identità e la cui nazionalità è presunta sulla base delle rispettive dichiarazioni». E la stessa Sea Watch, «battente bandiera diversa da quella italiana, ha, in più occasioni, svolto le descritte attività in aree che non rientravano nella responsabilità SAR (Search and rescue) italiana, operando d’iniziativa, così di fatto sottraendosi al coordinamento SAR delle Autorità straniere legittimamente responsabili ai sensi della vigente normativa internazionale, ovvero non ottemperando alle istruzioni emanate dalle competenti Autorità». Il rifiuto di sbarcare a Tripoli, si legge ancora nella direttiva, può far evincere «l'intenzione dell’assetto navale di condurre attività analoghe alle precedenti condotte finalizzate al preordinato trasferimento in Italia di migranti in condizione di irregolarità, per le quali pendono procedimenti penali per il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina».

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