Sabato 16 Novembre 2024

Viaggio in Francia con l'auto della scuola, arrestata preside marsalese

Utilizzava la vettura della scuola tranquillamente per finalità private recandosi con il mezzo anche fuori dall'Italia. È quanto faceva la preside Anna Maria Zappulla, 62 anni di Marsala, che ieri sera è stata fermata appena ha superato la frontiera di Ventimiglia e arrestata con l'accusa di peculato. La docente dell'istituto scolastico Ipsia Marconi, di Imperia, non ha saputo in alcun modo giustificare il viaggio in Francia con l'auto di servizio. La preside era con i familiari. Per i carabinieri quel viaggio non aveva "alcuna motivazione riconducibile all'attività lavorativa svolta, in più era con familiari". L'inchiesta, spiegano i carabinieri, ha consentito di "acclarare l'abitualità della condotta, facendo emergere il pieno uso per finalità private di un bene di cui la preside aveva la disponibilità", ma "per i soli fini connessi al suo ruolo". Le indagini, coordinate dal procuratore aggiunto di Imperia, Grazia Pradella, sono state avviate il mese scorso ed avrebbero preso le mosse da una segnalazione interna all'istituto. Secondo i carabinieri, l'attività investigativa avrebbe permesso di documentare l'uso improprio dell'auto scolastica di cui reggeva la dirigenza, utilizzandola non solo in provincia di Imperia, ma anche fuori regione e addirittura, come nell'ultimo caso, oltreconfine. La dirigente scolastica è stata portata nel carcere genovese di Pontedecimo. "Io sono un dirigente, posso autogestirmi". Così la preside  ha cercato di giustificarsi con i carabinieri al momento in cui è stata fermata a Ventimiglia con l’auto della scuola, una Toyota Corolla. In quest’ultimo episodio la preside era stata per oltre un’ora a Mentone (Francia), a pochi chilometri da Ventimiglia.  All’interno della scuola dava fastidio che l’auto, in uso a tutto il corpo docente e amministrativo, era di fatto sempre nella disponibilità della preside. Dopo una segnalazione, i militari hanno cominciato appostamenti e avviato intercettazioni telefoniche e ambientali che hanno portato a individuare più violazioni. Con l’accusa di peculato, la donna rischia una pena fino a 10 anni.

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