C'era anche Stefano Tria, il figlio del ministro dell'Economia, nel team della nave Mare Jonio che lo scorso 19 marzo è approdata a Lampedusa con a bordo 48 migranti soccorsi al largo della Libia. "La nave dei centri sociali", l'ha bollata il ministro dell'Interno Matteo Salvini. La circostanza - pubblicata oggi da 'La Verità' - è stata confermata da Mediterranea saving humans, la ong che ha gestito la missione in mare.
"Stefano Tria è uno di noi e fa quello per cui Mediterranea è nata: salvare e salvarci da questo orrore", rivendica la piattaforma umanitaria con un tweet, aggiungendo: "non ci siamo mai posti il problema di chi ognuno di noi sia figlio o parente, ma di cosa possiamo fare per salvare quante più vite umane possibile". La Mare Jonio, appena giunta in porto, è stata posta sotto sequestro dalla procura di Agrigento ed il comandante Pietro Marrone ed il capo missione Luca Casarini sono stati indagati con l'accusa di favoreggiamento all'immigrazione clandestina. Il 27 marzo la nave è stata dissequestrata.
Come in tutti i casi di interventi di soccorso delle navi ong, Salvini si è opposto con forza all'arrivo in Italia della Mare Jonio che, secondo le informazioni in suo possesso, avrebbe agito senza rispettare le regole mettendo a rischio la vita dei migranti. Il ministro ha parlato senza mezzi termini di "azione politica gestita da elementi dell'estrema sinistra", in riferimento alla presenza a bordo come capo missione dell'ex leader dei Disubbidienti, Casarini.
Stefano Tria, secondo quanto si è appreso, fa parte del circuito degli skipper che si alternano nelle varie missioni di Mediterranea sulla barca a vela che appoggia la stessa Mare Jonio. È entrato in contatto con Mediterranea inviando la sua candidatura tramite il sito della ong, nella sezione 'Sali a bordo e resta in contatto con noi'. È stato quindi selezionato, entrando a far parte della squadra della nave svolgendo il suo incarico sulla barca a vela di supporto.
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