«Ho trovato a casa dei foglietti del mio ex marito con i numeri dei cellulari e dell’ufficio dei pm, all’epoca in servizio a Caltanissetta, Nino Di Matteo, Anna Palma, Carmelo Petralia e Gianni Tinebra. A volte si chiudeva in stanza per parlare con loro al telefono». Lo ha rivelato la moglie del falso pentito Vincenzo Scarantino, Rosalia Basile, deponendo al processo sul depistaggio delle indagini sulla strage di via D’Amelio. La teste ha consegnato i biglietti.
La donna, citata a deporre al processo in corso a Caltanissetta a carico di tre funzionari di polizia Bo, Ribaudo e Mattei, accusati di aver creato a tavolino pentiti come Scarantino, costringendoli a mentire sulla ricostruzione dell’attentato, non ha mai rivelato prima dei rapporti telefonici tra il marito e i magistrati. A minacciare e fare pressioni su Scarantino, costretto a imparare a memoria il "copione" con le accuse da raccontare, sarebbe stato il pool investigativo che indagava sulle stragi guidato dall’ex capo della Mobile Arnaldo La Barbera, nel frattempo morto.
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