«Temo di essere stata avvelenata». È quel che è andata ripetendo dal suo letto di ospedale prima di morire, Imane Fadil, la modella marocchina di 34 anni, testimone chiave nell’inchiesta sul caso Ruby e con al centro le serate hard nella villa di Silvio Berlusconi ad Arcore. Dopo un mese di agonia, se ne è andata lo scorso primo marzo all’Humanitas di Rozzano, dove è stata ricoverata prima in terapia intensiva e poi in rianimazione. Sulla sua morte, causata, come risulta dagli esiti di una serie di esami tossicologici, da un «mix di sostanze radioattive» la Procura di Milano indaga per omicidio volontario. Si tratta di un mistero, quello della giovane passata alla ribalta per essere stata una della 'accusatrici' dell’ex premier, che va ad aggiungersi al caso dell’ex legale di Ruby, Egidio Verzini, che dopo aver raccontato all’Ansa di 5 milioni di euro versati alla bella 'Rubacuori' dal leader di FI, attraverso una banca di Antigua, è ricorso il giorno dopo, il 5 dicembre, alla pratica del suicidio assistito in Svizzera. A dare la notizia della morte della modella è stato il procuratore milanese Francesco Greco, mentre già dai giorni scorsi l’aggiunto Tiziana Siciliano e il pm Luca Gaglio hanno iniziato a sentire alcuni testimoni, tra cui il fratello e il legale Paolo Sevesi, ai quali, appunto, la giovane ha più volte manifestato quanto «temesse per la sua vita» e sentiva di essere stata «avvelenata». I sintomi di avvelenamento sono riportati nella cartella clinica sequestrata: si parla di forti dolori al ventre e gonfiori e «cedimento progressivo degli organi», è stato riferito, fino a quando, dopo un mese di sofferenze (venne ricoverata il 29 gennaio) è entrata in coma e non si è più risvegliata. Poiché il caso di Imane «è una vicenda seria», il procuratore Greco ha assicurato «indagini rapide e approfondite». Infatti, sono stati già sequestrati oggetti personali della ragazza a casa di un amico dove viveva temporaneamente, documenti e anche le bozze di un libro che stava scrivendo. Oltre a disporre l'autopsia, a breve saranno effettuati ulteriori esami sui campioni di sangue della ragazza e verranno sentiti i medici. Il procuratore ha anche spiegato che l’ospedale nemmeno il giorno della morte aveva comunicato alcunché alla magistratura, sebbene non fossero state individuate le cause della morte e non ci fosse una diagnosi certa sul decesso. L’Humanitas ha precisato, invece, di avere dato pronte comunicazioni all’autorità giudiziaria e di aver «messo in campo ogni intervento clinico possibile per la cura e l’assistenza» della giovane. Fadil, che nel 2011, a poco più di 25 anni, era andata ad otto cene a Villa San Martino, era diventata una delle cosiddette 'pentitè del Bunga-Bunga e parte civile nei processi a Emilio Fede, Lele Mora e Nicole Minetti, già nel giugno 2012, al termine di una sua deposizioni nel 'Ruby bis', fuori dall’aula aveva detto ai cronisti di sentirsi «in pericolo». Sempre nel 2012 raccontò di un emissario siriano che per conto di Berlusconi avrebbe cercato di comprare il suo silenzio. Anche negli ultimi mesi la modella con le sue dichiarazioni si era confermata come teste rilevante nel 'Ruby ter', dove l’ex premier è imputato per aver corrotto una serie di 'olgettine' e altri testi. «Ho detto la verità e ho subito e respinto tentativi di corruzione», andava dicendo soprattutto negli ultimi mesi Fadil, lamentandosi sempre che il processo per corruzione in atti giudiziari, ancora alle questioni preliminari, andava a rilento. Da quel processo, però, lei, due settimane prima di essere stata ricoverata, era stata estromessa come parte civile, mentre nei mesi precedenti aveva trattato per un risarcimento con la difesa della senatrice Maria Rosaria Rossi. Secondo indiscrezioni avrebbe chiesto tre milioni ma l'offerta sarebbe stata di 300 mila. Poi di lei non si è più saputo nulla fino a ieri. È morta pare proprio avvelenata con un mix di sostanze radioattive diverse dal polonio.