"Signor ministro, non faccia morire la sua sensibilità umana e cristiana a motivo di un ruolo istituzionale mal interpretato. Non si lasci rubare la sua umanità per non schiacciare l'umanità del prossimo con parole non consone alla dignità e alla grandezza di ogni singolo uomo". Lo scrive in una lettera inviata al vice premier e ministro degli interni, Matteo Salvini, il direttore della Pastorale sociale e del lavoro della diocesi di Piazza Armerina, don Luigi Petralia, parroco della chiesa di San Giacomo, a Gela.
Don Petralia prende a riferimento due recenti episodi che hanno colpito gli italiani "persone sensibili e accoglienti": la morte di un tunisino 32enne a Empoli, durante la fasi del suo arresto, e la chiusura dei porti italiani agli immigrati. "Ciò che non posso accettare né giustificare - scrive il sacerdote - è il suo modo di porsi davanti al fatto della morte di un persona umana".
E riporta quanto pubblicato dallo stesso Salvini sul suo profilo facebook: "Buon sabato ai poliziotti che a Empoli, poche ore fa, facendo il loro lavoro, hanno ammanettato un violento, un pregiudicato, che, purtroppo, poi è stato colto da arresto cardiaco".
Rivolto al ministro, don Petralia scrive: per lei "costui è "un violento, un pregiudicato"; dal suo linguaggio, dalla sua comunicazione è scomparsa la parola, che costui è una persona umana, un cittadino sia pur tunisino, un uomo con dignità pari alla Sua". Quanto ai respingimenti, "il punto di partenza e di approdo - scrive il sacerdote - non sono i porti, né italiani, né di altri stati, ma la dignità di queste persone umane. Questi fratelli e sorelle partono o scappano da situazioni esistenziali gravi o gravissime. Difendiamo l'uomo, prima dei nostri confini linguistici, culturali e nazionali".
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