In cella da solo e 6 mesi di isolamento diurno. È il trattamento carcerario che, a quanto si apprende, sarà riservato a Cesare Battisti, all'arrivo in Italia. Subito dopo sarà trasferito nel carcere di Rebibbia e collocato nel circuito di alta sicurezza riservato ai terroristi. Ma non potendo in questa fase condividere l'ambiente detentivo con altri soggetti, ci sarà per lui una sistemazione ad hoc. Inoltre dovendo scontare la pena dell'ergastolo, sarà sottoposto per 6 mesi ad isolamento diurno. Battisti rientra nei casi dell'ergastolo ostativo, ossia senza la possibilità di ottenere benefici nell'esecuzione della pena, almeno se le condizioni non mutano. Lo hanno spiegato il procuratore generale di Milano Roberto Alfonso e il sostituto pg Antonio Lamanna. Stando a quanto precisato ai cronisti dal procuratore generale e dal sostituto pg, che hanno coordinato le indagini, condotte dalla Digos milanese, Battisti "rientra nei casi previsti dall'articolo 4 bis dell'ordinamento penitenziario", ossia quello che regola il "divieto di concessione dei benefici" e l'accertamento "della pericolosità sociale dei condannati per taluni delitti", tra cui rientrano appunto gli omicidi con finalità terroristiche. Per ora, stando a quanto chiarito dalla Procura generale, Battisti rientra nei casi di 'ergastolo ostativo', ossia il carcere a vita senza benefici. Condizione che potrebbe mutare nel corso dell'espiazione pena ma solo in casi limitati e, come si legge nelle norme, ad esempio, "solo nei casi in cui tali detenuti e internati collaborano con la giustizia". "Nel momento in cui Battisti è stato arrestato in Bolivia, questo Paese ha provveduto all'espulsione immediata: poteva essere o verso il Brasile o addirittura verso l'Italia. Non passando dal Brasile, Battisti sconterà l'ergastolo. È la soluzione migliore in termini di giustizia. Si applicherà la pena già decisa dalle corti italiane", ha commentato in un'intervista al Corriere della Sera, il ministro della giustizia Alfonso Bonafede. Il Guardasigilli spiega che l'esito "lo si deve a un'azione diplomatica, a una personale del presidente del Consiglio e ai rapporti ottimi con Bolivia e Brasile". Bonafede racconta come ha saputo dell'arresto: "Sono stato svegliato presto da una telefonata. Da giorni eravamo informati che si era a un passo dalla cattura. Mi dispiaceva sentir dire che le autorità non erano state attente. Invece c'è stata grande professionalità da parte dell'Interpol, dell'intelligence e delle forze dell'ordine. Tacevamo perché consapevoli di essere vicinissimi". La telefonata, spiega, è arrivata da "Giuseppe Corasaniti, il capo del dipartimento per gli Affari di Giustizia del ministero. È la struttura che si occupa da sempre del problema". Nelle ore successive, "ricevevamo dalle forze dell'ordine le notizie sulle varie procedure che stavano seguendo. Poi c'è stata la telefonata del presidente del Consiglio Giuseppe Conte con il presidente brasiliano Jair Bolsonaro. Un momento di svolta fondamentale. Noi fornivamo l'assistenza tecnica".