Gli inquirenti la definiscono come una delle operazioni più rilevanti della storia italiana, e vista la cifra è un'affermazione non azzardata: una confisca da ben un miliardo e mezzo di euro. Una cifra enorme.
La Dia di Palermo ha eseguito un decreto di sequestro e confisca, emesso dal tribunale di Trapani su proposta del Direttore nazionale della Dia, nei confronti degli eredi dell'imprenditore Carmelo Patti, originario di Castelvetrano già proprietario della ex Valtur (ora in amministrazione straordinaria), deceduto il 25 gennaio 2016.
Il procedimento ha riguardato un patrimonio stimato, per ora, prudenzialmente in oltre 1,5 miliardi di euro, con degli interessi economici riferibili alla famiglia mafiosa di Castelvetrano, guidata ancora dal latitante più ricercato, il numero uno di Cosa Nostra, Matteo Messina Denaro.
Del patrimonio fanno parte anche tre resort, al momento chiusi e altri beni tra cui terreni, immobili, società.
Carmelo Patti, cavaliere del lavoro morto a 81 anni, era uno stimato e ricchissimo industriale, prima che cominciassero i suoi guai giudiziari. Nel 2000 venne indagato per mafia dalla dda palermitana, dopo la trasmissione degli atti dalla procura di Marsala che lo indagava per falso in bilancio: per questo si dimise dalla Gesap, la società che gestisce l'aeroporto Falcone Borsellino.
Iniziò nello stesso periodo un processo di misure di prevenzione per un sequestro di 5 miliardi di euro. Veniva accusato di rapporti con i boss di Castelvetrano Messina Denaro: il padre Francesco e il figlio Matteo. Il sequestro poi portò all'amministrazione giudiziaria e alla crisi della Valtur, al fallimento e alla vendita del marchio.
Le sue vicende giudiziarie riguardano anche evasione fiscale, fatture false e altri reati tributari da cui venne assolto.
«Ricorreremo in appello e in ogni altra sede, compresa la corte europea dei diritti dell’uomo, per chiedere l’annullamento del decreto del tribunale di Trapani». Lo dicono i difensori degli eredi, la moglie e i tre figli, del cavaliere Carmelo Patti, Francesco Bertorotta e Angelo Mangione.
Per i legali la totale estraneità di Patti a contesti mafiosi è stata accertata dalla procura di Palermo «che ne ha chiesto e ottenuto l’archiviazione». «Il cav. Patti aggiungono - non è mai stato sottoposto a procedimenti penali per truffa e bancarotta che incredibilmente il tribunale di Trapani ha creduto di poter ipotizzare dal nulla. Infine è stato assolto con ampia formula liberatoria dai reati di evasione fiscale che il tribunale di Trapani, in aperta contrapposizione con le sentenze passate in giudicato, ha ritenuto di poter porre a fondamento dell’ingiusta decisione».
Francesco Bertorotta e Angelo Mangione dicono che «il provvedimento del tribunale rappresenta un vero e proprio cortocircuito della giustizia in quanto emesso in violazione di tutti i principi che regolano le misure di prevenzione e si pone in aperto abbandono di quei principi fondamentali ribaditi con forza anche di recente dalla Cassazione, dalla Corte Costituzionale e dalla Corte dei diritti dell’uomo». I legali ricordano che Patti è stato uno dei protagonisti del risveglio economico italiano e il giudizio espresso dal tribunale di Trapani, a tre anni dalla sua morte, «è ingiusto e giuridicamente errato anche perchè contraddetto da decisioni assolutorie emesse sugli stessi fatti»
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