Ergastolo per Massimo Giuseppe Bossetti. La Cassazione ha confermato la pena più severa nei confronti del muratore di Mapello, accusato dell’omicidio pluriaggravato della piccola Yara Gambirasio, la tredicenne ginnasta di Brembate di Sopra, scomparsa nel suo paese il 26 novembre 2010 e ritrovata morta tre mesi dopo. E’ lui, ha decretato la Cassazione con la sua decisione, Ignoto 1, che colpì Yara e la lasciò agonizzante nel campo a Chignolo d’Isola. Si chiude così, dopo otto anni un caso giudiziario che ha turbato l’opinione pubblica per la brutalità dell’aggressione alla ragazzina, morta di freddo. E che ha tenuto col fiato sospeso per le complicate indagini, compiute a partire dal dna rintracciato sugli indumenti intimi di Yara, e incrociato con migliaia di campioni prelevati a tappeto. La difesa puntava a scardinare, col proprio ricorso, quel percorso che ha portato all’individuazione di Massimo Giuseppe Bossetti. Ma la Cassazione l’ha ritenuto inammissibile. Le motivazioni, che saranno depositate nei prossimi mesi, spiegheranno il perché. Alla lettura del verdetto è seguita una coda polemica: «il processo mediatico nuoce: ci voleva molto coraggio a prendere una decisione contro la sentenza d’appello», ha detto rispondendo ai giornalisti l’avvocato Claudio Salvagni, difensore di Bossetti, che continua a credere nell’innocenza del suo assistito. «È andato tutto come secondo me doveva andare. Con oggi sono 39 i magistrati che hanno esaminato, in varie fasi, il fatto e tutti hanno concluso per la colpevolezza di Bossetti», ha commentato l’avvocato Andrea Pezzotta, legale dei Gambirasio. La famiglia non si è mai esposta, ha sempre rifiutato le interviste. «Se c'è stato un processo mediatico - ha detto l’avvocato - non è per colpa nostra. Noi non siamo mai andati in televisione». La pg della Cassazione Mariella de Masellis nella requisitoria ha avuto parole dure nei cofronti di Bossetti: «non ha avuto un moto di pietà e ha lasciato morire Yara da sola in quel campo». Ha spiegato che le indagini sono state ben condotte e che non vi è niente a che fare con «il caso Knox, vicenda ben diversa», il cui esito fu ribaltato dalla Cassazione con l'assoluzione degli imputati. E’ stata «assolutamente corretta», ha rimarcato, l’attività di estrazione e repertazione, contestata dalla difesa, che avrebbe voluto ripetere la perizia: si è trattato di «atti irripetibili e non differibili», compiuti quando il fascicolo risultava ancora a carico di ignoti e il nome di Bossetti non era nemmeno ipotizzabile. «Il metodo del Dna nucleare - ha aggiunto, replicando ai motivi del ricorso - è consolidato e utilizzato fin dal 1985». In conclusione, de Masellis ha spiegato che «per dire che Bossetti è innocente dobbiamo dire che il dna di Ignoto 1 non è il suo, che Bossetti non è figlio di Guerinoni, che i Ris hanno modificato l'immodificabile, che è stata perseguita la necessità di trovare in Bossetti, una persona che nessuno conosceva, un capro espiatorio. Se tutto questo non lo possiamo dire non c'è ragionevole dubbio».