Il padre fu ucciso in una faida di camorra, quando lui aveva appena sei anni. Raffaele Perinelli non aveva pensato nemmeno per un attimo di seguirne le orme: lavorava e si allenava per diventare un calciatore professionista. Da anni militava in squadre del campionato dilettanti, facendosi apprezzare da allenatori e tifosi, ma il suo sogno è finito con una coltellata al cuore.
Lello, così lo chiamavano tutti, è morto a 21 anni in ospedale dopo il colpo letale infertogli, al culmine di una lite, da un venditore ambulante che poi si è costituito confessando il delitto. Scenario dell’omicidio il quartiere Miano, periferia nord di Napoli, a lungo feudo del clan Lo Russo al quale apparteneva anche il padre di Lello, Giuseppe Perinelli, ammazzato nel 2003 in uno dei periodi più cruenti della guerra di camorra in città.
Il figlio però aveva saputo rimanere lontano dalla malavita: nessun precedente penale né frequentazioni pericolose, una vita dedicata alla fidanzata, conosciuta quattro anni fa, al lavoro - come dipendente di una coop per le pulizie - e soprattutto al calcio. Lello aveva debuttato nelle giovanili del Sant'Agnello, si era poi fatto apprezzare come terzino sinistro in altre formazioni campane, dal Gragnano alla Turris. Aveva giocato in Irpinia, nel San Martino Valle Caudina, e quest’anno era tesserato della Asd Miano, la squadra del suo quartiere.
«Un ragazzo dallo spirito ribelle, ma buono come il pane e sempre pronto ad aiutare il prossimo», lo ricorda l’allenatore del
Miano, Luca Pini. Sabato 29 settembre, in una discoteca, Lello litiga con un 31enne del suo stesso quartiere, Alfredo Galasso, vicino di casa della nonna di Lello. Volano parole grosse, probabilmente ripetute anche nei giorni successivi. Fino all’incontro fatale di ieri sera, davanti a un circolo ricreativo del quartiere, in via Janfolla.
Galasso, che assistito dall’avvocato Rocco Maria Spina ha raccontato la sua verità a pm e carabinieri in cinque ore di interrogatorio, sostiene di aver temuto che Perinelli volesse colpirlo, dopo che il giovane aveva preso a calci la sua auto. Allora gli si è avventato contro con un coltello: un unico fendente, al cuore. Poi è fuggito. Alla scena hanno assistito in tanti: Lello è stato accompagnato in ospedale ma è morto dopo pochi minuti. L’omicida si è costituito: ha detto di aver saputo da persone del quartiere che Lello «lo cercava, voleva vendicarsi», e che per questo girava armato. Sostiene che non intendeva ucciderlo, ma di aver agito solo per paura; dice che Perinelli «era un bravo ragazzo ma con la testa calda», e racconta di aver riportato tre punti di sutura alla testa dopo la rissa in discoteca. Ora è in carcere, accusato di omicidio volontario.
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