Papa Francesco è «amareggiato» dal dossier stilato dall’ex nunzio a Washington, monsignor Carlo Maria Viganò, in cui il diplomatico vaticano lo accusa di aver protetto l’ex arcivescovo di Washington, cardinale Theodore McCarrick, accusato di abusi sessuali su seminaristi, ma «non pensa alle dimissioni». Lo riferiscono stretti collaboratori del Pontefice a proposito della vicenda che in questi giorni ha scosso l’opinione pubblica mondiale. Intanto, dopo la lettera di mons. Viganò, volano coltelli nella Chiesa Usa: «Ha reso un servizio ai cattolici», ha detto l'avvocato Timothy Busch, membro del board a cui fa capo il National Catholic Register che ha pubblicato la «testimonianza». «Penso che Viganò voglia limitare i giorni di questo Papa o quanto meno neutralizzarne la voce», ha replicato il cardinale arcivescovo di Newark Joseph Tobin, uno dei nomi al centro del terremoto. Tobin, che a detta di Viganò sarebbe stato mandato a Newark da Francesco su suggerimento del predecessore McCarrick, al centro a sua volta di una bufera per abusi sessuali su seminaristi sia maggiorenni che minorenni, ha definito la lettera dell’ex nunzio «piena di errori fattuali, insinuazioni e ideologia della paura». Secondo Viganò, Francesco sapeva dei misfatti di McCarrick ma avrebbe insabbiato. Finora, nella loro quasi totalità, i vescovi Usa hanno fatto quadrato attorno al Papa, esprimendo scetticismo sul messaggio del «whistleblower». «Fuori le prove», ha detto il cardinale Daniel DiNardo, arcivescovo di Galverston-Houston. Presidente della Conferenza episcopale, Di Nardo ne ha convocato la Commissione Esecutiva, rinnovando la richiesta di una udienza papale già avanzata a metà agosto quando un gran giurì ha pubblicato i nomi di oltre 300 preti pedofili nelle diocesi della Pennsylvania: atti in molti casi coperti da un altro principe della Chiesa, l’allora arcivescovo di Pittsburgh Donald Wuerl, oggi successore di McCarrick a Washington. Alimentati da una esplosione di blog di destra in cui le polemiche sull'omosessualità nella Chiesa la fanno da padrone, i cattolici conservatori americani, in linea con la presidenza Donald Trump, sono tra i più feroci oppositori dell’agenda Bergoglio di cui contestano le porte aperte ai gay, le politiche pro-migranti e sul cambiamento climatico. Tra i vescovi sono riemerse così voci di dissenso messe a silenzio con l’elezione del Papa. David Konderla di Tulsa, Oklahoma e Joseph Strickland di Tyler, Texas, due vescovi della Bible Belt, hanno applaudito la lettera. «Credibile» per Strickland, che ha chiesto ai parroci di passare il messaggio ai fedeli. Uno dei cardinali citati nella lettera, l’arcivescovo di Chicago Blase Cupich, accusato da Viganò di esser «accecato dalla sua ideologia pro-gay» si è difeso: «Una tesi che non tiene. Non ci sono prove che i gay siano più pedofili degli eterosessuali». Ma il cardinale americano più coinvolto dalla lettera è Wuerl perché, secondo l’ex nunzio, sapeva, ma ignorò, sanzioni imposte da Benedetto XVI a McCarrick. Wuerl ha smentito «categoricamente» ma il suo posto traballa: domenica, in una chiesa di Washington vicina alle gerarchie dell’arcidiocesi, il parroco ha chiuso l’omelia chiedendone le dimissioni per la crisi della Pennsylvania. Applausi in piedi da parte dei fedeli.