Salvini indagato: atti verso Palermo. I vescovi: "Disponibilità ad accogliere i migranti da tutte le diocesi siciliane"
I pm di Agrigento, che hanno iscritto il ministro dell'Interno Matteo Salvini nel registro degli indagati per la vicenda della nave Diciotti, dovrebbero trasmettere mercoledì il fascicolo d'inchiesta alla procura di Palermo che dovrà poi "girare" gli atti al tribunale dei ministri, competente visto il coinvolgimento di un membro dell'esecutivo. Il collegio, che dovrà decidere se trattenere per giorni a bordo della nave i migranti soccorsi dalla Guardia Costiera abbia o meno violato la legge, è composto da tre giudici e tre supplenti. I magistrati titolari, estratti a sorte, sono i gip Fabio Pilato, ex giudice tutelare, e Filippo Serio, approdato al'ufficio del giudice delle indagini preliminari dal tribunale del Riesame, e Giuseppe Sidoti, magistrato della sezione fallimentare. Entro 15 giorni dalla ricezione del fascicolo la Procura, dice la legge, deve trasferirlo al tribunale dei ministri con le sue eventuali richieste. I giudici, dopo aver svolto le indagini preliminari, entro 90 giorni dovranno, sentito il procuratore della Repubblica, chiedere l'archiviazione o chiedere al capo dei pm di presentare un'istanza di autorizzazione a procedere a Palazzo Madama essendo Salvini un senatore. Anche la posizione del capo di Gabinetto, che si è detto "sereno, tranquillo e determinato", verrà trattata dal tribunale dei ministri. Nei giorni scorsi, i magistrati di Agrigento hanno sentito testimoni come i militari della Guardia Costiera e acquisito documenti per capire da chi e in che tempi fosse partito l'ordine di non far sbarcare i profughi dalla Diciotti. Fondamentale sarebbe stata la deposizione del prefetto Bruno Corda, vicecapo del Dipartimento delle Libertà Civili del Ministero dell'Interno, che avrebbe detto di aver semplicemente eseguito una disposizione ricevuta dal capo di Gabinetto del Viminale. Mentre il capo del Dipartimento, il prefetto Gerarda Pantalone avrebbe fatto presente di essere stata in ferie nei giorni in cui si sono svolte le vicende. La disposizione sarebbe stata data al telefono da Piantedosi ai funzionari del Viminale. Ma la questione Diciotti è tutt'altro che semplice: a cominciare dagli aspetti relativi alla competenza a indagare. Il sequestro di persona si è consumato quando la nave si trovava a Lampedusa, dove è attraccata per far sbarcare i migranti ammalati e, per i pm di Agrigento poteva fermarsi per compiere le procedure di identificazione, o quando, dopo l'individuazione di Catania come porto sicuro, il Viminale avrebbe espressamente vietato lo sbarco? Un interrogativo che, a seconda della risposta, potrebbe spostare davanti al tribunale dei ministri etneo l'intero caso. "La cosa certa è che il sequestro si perfeziona da quando viene impedito ai profughi di scendere dalla nave - dice l'avvocato Giorgio Bisagna, presidente dell'associazione avvocati dei diritti umani ed esperto di diritto dell'immigrazione - E' importante capire dunque quando la disposizione è stata comunicata, quando cioè per la prima volta i migranti sono stati privati della libertà personale". Bisagna, che si chiede poi perché il porto sicuro sia stato individuato a Catania, quando Porto Empedocle era decisamente più vicino al primo attracco, pone anche un altro problema: "C'è un evidente danno erariale perché la Diciotti è stata per giorni ferma in porto e 'distolta' dalla sua missione che è quella di soccorso", conclude. Intanto, il direttore dell' Ufficio nazionale comunicazioni sociali della Cei, don Ivan Maffeis, a Tg2000, il telegiornale di Tv2000, spiegando la decisione dei vescovi italiani di accogliere un centinaio di migranti, commenta: "Abbiamo deciso di entrare in una situazione di stallo che era ormai diventata insostenibile per tutti. Vedere queste persone su una nave italiana attraccata sulle nostre coste e impossibilitate a scendere era una situazione intollerabile anche dal punto di vista umanitario". "C'è stata una prima fase con appelli e comunicati - ha spiegato il portavoce della Cei - per arrivare ad una disponibilità concreta e fattiva di accoglienza in strutture che appartengono e fanno riferimento direttamente alla Chiesa italiana. Questo per sbloccare la situazione. È ovvio che stiamo parlando di una soluzione che è legata all'emergenza, una soluzione che di fronte al no dell'Europa e al braccio di ferro che ha tenuto il ministro su questa questione è stata l'unica che siamo riusciti a individuare. Ma la vera partita da giocare è quella culturale e politica. Perchè non possiamo semplicemente affrontare il tema dei migranti e questo esodo di popoli con delle soluzioni emergenziali che non devono essere sopravvalutate". "Questa risposta concreta - ha aggiunto don Maffeis - ravvia la speranza e la possibilità che di fronte all'altro non ci si possa semplicemente chiudere alzando muri o barriere ma come ripete spesso il Papa occorre veramente aprire la porta del cuore e di un'accoglienza reale costruendo un ponte verso l'altro e accettando che l'altro porti la propria esperienza, ricchezza e cultura. La vita vive anche di segni che ci ricordano chi siamo". Nell'accoglienza di questi migranti, ha concluso don Maffeis, "si sono affacciate tante diocesi che hanno offerto accoglienza e disponibilità. Un po' tutte le diocesi della Sicilia. Ricordo che stiamo parlando di un numero limitato, circa un centinaio di persone. E in queste ore si deciderà in quali centri queste persone debbano essere accolte". La conferma arriva da monsignor Antonio Staglianò, delegato per le migrazioni della Conferenza episcopale siciliana: "Aspettiamo indicazioni dalla presidenza della Cei che ha direttamente coordinato l'iniziativa. Il presidente, il cardinale Gualtiero Bassetti, si trova a Dublino, ma abbiamo dato la disponibilità di noi tutti vescovi siciliani per accogliere i migranti". E aggiunge: "Credo che la posizione dei vescovi non sia strumentalizzabile ideologicamente. E' un atteggiamento richiesto dalla nostra testimonianza del Vangelo oggi. Non siamo a favore o contro il ministro Salvini. Non abbiamo soluzioni tecniche, ma abbiamo una voce da far sentire perché le soluzioni a questi problemi siano umane e si facciano ispirare dal Vangelo. Ma non facciamo e non vogliamo fare politica. Vogliamo testimoniare l'amore e la carità cristiana mentre orientiamo le coscienze dei cristiani".