Le prime case ci sono, il gas è stato allacciato, i mobili ancora mancano ma arriveranno presto. Cinque famiglie, sfollate dopo il crollo di ponte Morandi, da ieri sera possiedono un tetto vero, non più albergo né centro di accoglienza. E tirano un sospiro di sollievo mentre ancora quanto resta di ponte Morandi fa paura: la notte precedente strani scricchiolii dal moncone est hanno convinto le autorità a interrompere le operazioni di recupero di masserizie e oggetti personali da parte degli sfollati nelle case della zona di via Fillak e via Porro. Ai destinatari delle prime case, e agli altri sfollati, il premier Giuseppe Conte ha rivolto un abbraccio. Lo ha fatto telefonando al governatore Giovanni Toti proprio mentre col sindaco Marco Bucci mostrava un alloggio agli assegnatari. Le prime cinque case a San Biagio di Bolzaneto, di cui sono state consegnate le chiavi (in settimana saranno altre sei), ospiteranno 21 persone in tutto. Tra loro c'è una mezza dozzina di bambini e ragazzi. Ma ci sono anche anziani disabili. Il nuovo, più giovane inquilino delle case è Mattia, 3 mesi. Fabrizio e Yaiserly Galofaro, suoi genitori, hanno altri due figli: "Abbiamo visto la casa stamani, non immaginavamo che ce la consegnassero in modo così rapido. Siamo rimasti stupiti da questa velocità", hanno detto. Le cinque famiglie hanno preso le chiavi da una sacchetto di plastica mostrato da governatore e sindaco. Come gli altri si apprestano a traslocare le loro cose, ma difficilmente mobili ed elettrodomestici. A questo proposito Toti riferisce pure che la società Autostrade assegnerà 10.000 euro a ogni famiglia per equipaggiare l'alloggio. Anche Danilo Linari, che accompagna i genitori anziani a prendere possesso dell'alloggio (il padre è malato) dice: "Mi ha sorpreso questa velocità con cui ci hanno dato la casa, hanno lavorato bene. E la casa dove vivranno i miei genitori è comoda, organizzata bene, c'è l'ascensore ed è al primo piano". Famiglie che tirano un sospiro di sollievo. Nelle case potranno stare "a lungo", è stato detto, in pratica finché non saranno chiari gli orizzonti dell'emergenza. I nuclei familiari di sfollati da sistemare, censiti dal Comune sono 251, per un totale di 553 persone: in calo dai precedenti 311 nuclei di qualche giorno fa, perché chi può ha deciso di andare a stare in abitazioni di proprietà o presso parenti. Il governatore Toti ha annunciato che "entro la metà di novembre tutti avranno una casa". Bucci, con orgoglio, annuncia che ci sono molti genovesi che offrono le loro case per gli sfollati. "Questo è il cuore di Genova", dice. Il sindaco ha annunciato un contributo per l'affitto fino a 900 euro mensili per chi decide di sistemarsi in proprio. Sono fondi che scattano insieme all'ordinanza per Genova firmata dal capo della protezione civile Angelo Borrelli: il provvedimento vale quasi 30 milioni di euro di interventi urgenti previsti per affrontare l'emergenza. Borelli ha anche affermato che "entro una decina di giorni potremo liberare il torrente Polcevera dagli ultimi blocchi del ponte Morandi sequestrati dalla magistratura", prima delle piogge autunnali. LE INDAGINI. Prima di capire 'chi', bisogna capire 'perché'. E' la prima risposta dei magistrati del pool di magistrati che indagano sul crollo del ponte Morandi, a Genova, a chi pone le due domande di rito: se ci sono indagati e di cosa sono accusati. I riflettori sono dunque puntati sui due ingegneri, consulenti della procura, che dovranno capire, attraverso i filmati acquisiti dalla polizia giudiziaria, le perizie sul cemento e l'acciaio repertati, le testimonianze rese da chi quel giorno c'era e magari la tragedia l'ha scampata per un pelo, cosa ha tirato giù alle 11.36 del 14 agosto quel maledetto ponte. Le cause, dunque: quelle meccaniche, soprattutto. Esclusi i fulmini e altre ipotesi di fantasia, esclusa forse la pioggia battente (quel giorno, in 5 minuti sono caduti 12 mm d'acqua), resta da capire cosa abbia causato il crollo. Alcune ipotesi. I cavi degli stralli che il Politecnico di Milano segnalava con un 'lento trend di degrado' con una 'riduzione d'area totale del 10-20%', oppure un carico eccessivo 'sugli altri elementi strutturali del viadotto che hanno evidenziato lesioni, presenza di umidità, fenomeni di distacchi, dilavamenti, efflorescenze, fenomeni di ossidazione e ammaloramenti in genere'. 'Ammalorare', un vocabolo che si usa solo in edilizia e significa 'ridotto in cattive condizioni'. Ecco dunque che arriva il giallo del carroponte che, secondo gli inquirenti, avrebbe potuto caricare ulteriormente una soletta già ridotta male. Prima teoria: il piano stradale si è ritorto, innescando un sovraccarico dello strallo che, proprio perché in cattive condizioni, non ha sopportato il peso e si è strappato determinando il crollo. Seconda teoria, lo strallo ha ceduto per il peso della soletta sovraccaricata dal macchinario e ha innescato il cedimento. Ma in serata Hubert Weissteiner, il direttore della Weico di Velturno, la ditta che stava lavorando sul ponte crollato a Genova, ha detto che il carroponte non c'era ancora: gli operai avevano appena finito di installare i binari sui quali avrebbe dovuto lavorare la struttura. E comunque, il carroponte - che "pesa un quarto di un tir" - non era in funzione. Ma c'era o non c'era? Gli esperti della procura dovranno accertare anche questo. I consulenti dei pm dovranno occuparsi anche di tutta la parte documentale sequestrata in questi giorni, oggi anche al Provveditorato per le opere pubbliche. Carte come la relazione del Comitato tecnico amministrativo che nel febbraio 2018 valutò il progetto di 'retrofitting' strutturale del viadotto redatto dopo le osservazioni del Politecnico di Milano che avvertiva del degrado della struttura. Quindi, prima che questa indagine possa vedere sul registro degli indagati nomi di persone e società e visto che la giustizia italiana, come ha detto oggi il capo dei pm Francesco Cozzi, "non ha per compito di indicare al pubblico una qualsiasi vittima sacrificale", i consulenti dovranno dire la loro. Ma c'è da scommettere che saranno parole pesanti come macerie.