Dopo la morte di Totò Riina, Cosa Nostra attraversa una «fase di transizione e di rimodulazione, contraddistinta dal rischio di forti tensioni che potrebbero sfociare in atti di forza, con pericolose ripercussioni sull'intera organizzazione mafiosa». E’ quanto emerge dall’ultimo rapporto semestrale della Direzione Investigativa Antimafia. Per la Dia «è assai improbabile che a succedergli sia Messina Denaro» ed è «ragionevole ritenere che Cosa nostra tenderà ad una gestione operativa di tipo collegiale, in linea di continuità con la strategia perseguita negli ultimi anni». Nella Capitale, tra i gruppi criminali, si evidenziano sempre di più organizzazioni assimilabili al modus operandi di associazioni mafiose, come quelle in Sicilia, Calabria e Campania. Secondo il documento, in alcune aree della Capitale ci sono formazioni criminali che, «basate su stretti vincoli di parentela, evidenziano sempre di più modus operandi assimilabili alla fattispecie prevista dall’art. 416 bis». «Gli esiti investigativi e giudiziari degli ultimi anni - si legge ancora nel rapporto della Dia - continuano, infatti, a dar conto di una realtà, quella romana, particolarmente complessa sotto il profilo delle infiltrazioni criminali, che vedono all’opera qualificate proiezioni delle organizzazioni di tipo mafioso italiane (siciliane, calabresi e campane in primis), che sono riuscite agevolmente ad adattarsi alle caratteristiche socio-economiche del territorio di elezione. All’occorrenza, queste compagini criminali sanno perfettamente intersecare i propri interessi non solo con i sodalizi di matrice straniera, ma, anche, con le formazioni delinquenziali autoctone che, pur diverse tra loro, in termini di modello strutturale e di azione connessa all’esercizio del potere criminale, hanno adottato il modello, organizzativo ed operativo, di tipo mafioso, per acquisire sempre più spazi nell’ambiente territoriale di riferimento».