Le condizioni di salute di Marcello dell’Utri non sono più compatibili col carcere. Rischia la morte improvvisa per il deciso peggioramento della patologia cardiaca di cui soffre e le malattie che ha da anni non migliorano il quadro complessivo. Dopo anni di tentativi dei suoi legali, l’ex senatore di Forza Italia, detenuto per scontare una condanna definitiva a 7 anni per concorso in associazione mafiosa, potrà lasciare la cella di Rebibbia. I magistrati del tribunale di sorveglianza che, fino a qualche mese fa avevano respinto le istanze di sospensione pena presentate dai difensori, stavolta hanno disposto il differimento della condanna e hanno concesso a Dell’Utri gli arresti domiciliari, imponendogli una serie di restrizioni, ad esempio, nelle comunicazioni con l’esterno. Un provvedimento che apre le porte del carcere all’ex senatore condannato per anni di collusioni mafiose e recentemente anche al processo per la cosiddetta trattativa Stato-mafia. «La patologia cardiaca di cui dell’Utri soffre ha subito un recente e significativa o aggravamento rispetto alle pregresse condizioni e non sono secondarie le negative ricadute di altri fattori complicanti quali l’età, 77 anni, il trattamento radioterapico, la malattia oncologica e le condizioni psichiche. I sanitari hanno segnalato il rischio di morte improvvisa per eventi cardiologici acuti e hanno concluso per la non compatibilità col carcere», scrivono i giudici del tribunale di sorveglianza. Una valutazione che segue accertamenti e visite mediche a cui il detenuto è stato recentemente sottoposto e va in controtendenza con i verdetti precendenti - l’ultimo di dicembre scorso - secondo i quali le condizioni di salute dell’ex senatore erano compatibili col carcere. Dello stesso avviso ad aprile era stata anche la Cedu che, chiamata a valutare la legittimità del processo subito da dell’Utri, dopo la vicenda Contrada, aveva deciso di non chiedere al governo italiano la sospensione della pena. «L'attuale stato di salute - spiegano i magistrati - non appare compatibile con la carcerazione per la ricorrenza di gravi ed improvvisi rischi per la vita e la salute, non fronteggiabili con gli strumenti sanitari del circuito penitenziario in considerazione delle preoccupanti condizioni cardiache, del complesso quadro multipalogico, delle precedenti e debilitanti cure radioterapeutiche, dell’età, dello stato ansioso e della necessità di un intervento cardiologico delicato». «E' anche consequenziale alle attuali, compromesse, condizioni cliniche ed alle prevalenti preoccupazioni per l'evoluzione delle patologie, che l’attenzione del soggetto verso il trattamento penitenziario sia fortemente scemata, sicché il protrarsi dell’esecuzione della pena in regime di detenzione ordinaria non è più rispondente alla finalità rieducativa ed al senso di umanità», concludono.