Lunedì 23 Dicembre 2024

Associazione a delinquere e corruzione, domiciliari per Montante: "Una rete per ostacolare la procura"

Il Gip parla di "tentacolare rete di rapporti", un contesto di soggetti "legati a doppio filo dallo scambio di favori funzionali", di cui fanno parte sia gli indagati sia "apicali esponenti delle istituzioni". Una rete che avrebbe agito "al fine di ostacolare le indagini" della procura di Caltanissetta che quattro anni fa aveva iscritto Antonello Montante nel registro degli indagati per concorso esterno in associazione mafiosa per presunti legami d'affari con Vincenzo Arnone, boss di Serradifalco, figlio di Paolino Arnone, storico padrino della provincia di Caltanissetta morto suicida in carcere nel 1992. Sarebbe stato proprio Montante - ex responsabile per la legalità di Confindustria dopo la 'svolta' antiracket ed ex numero uno degli industriali in Sicilia - ad avere creato la rete illegale per spiare l'inchiesta dei pm: per questo, è finito agli arresti domiciliari con l'accusa di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione.   "Può senz'altro dirsi - scrive il Gip - come ci si sia trovati innanzi ad una tentacolare rete di rapporti che dimostra la pervasività del contesto investigativo e sta a testimoniare il sistema di protezione che si è alzato attorno agli odierni indagati da parte di soggetti inseriti ai più alti livelli della Polizia, dei Servizi di informazione e sicurezza e dell'ambiente politico italiano". Nell'ordinanza di 2.567 pagine, il gip Maria Carmela Giannazzo, che ha accolto l'impianto accusatorio della Dda tranne la richiesta della detenzione in carcere dell'imprenditore, traccia uno spaccato inquietante di un "sistema di potere" fatto di fitte relazioni ad altissimi livelli. Nell'inchiesta "Double Face" sono indagati, e agli arresti domiciliari, il colonnello dei carabinieri Giuseppe D'Agata, ex capocentro della Dia di Palermo tornato all'Arma dopo un periodo nei servizi segreti; Diego Di Simone, ex sostituto commissario della squadra mobile di Palermo; Marco De Angelis, sostituto commissario prima alla questura di Palermo poi alla prefettura di Milano; Ettore Orfanello, ex comandante del nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza a Palermo; il "re" dei supermercati Massimo Romano che gestisce la catena "Mizzica" - Carrefour Sicilia, con oltre 80 punti vendita nella regione. Il sesto provvedimento cautelare riguarda Giuseppe Graceffa, vice sovrintendente della polizia, sospeso dal servizio per un anno. Con diversi ruoli, secondo l'accusa, gli indagati avrebbero fatto parte della rete "protettiva" di spionaggio a favore di Montante. Ma gli indagati complessivamente sono 22, coinvolti per aver avuto in qualche modo un ruolo nella catena delle fughe di notizie; tra di loro l'ex presidente del Senato Renato Schifani (l'accusa è relativa a un periodo in cui non era alla guida di Palazzo Madama - ndr) che dice non avere mai avuto "alcun rapporto di amicizia o frequentazione con il signor Montante". L'INDAGINE. L'indagine della squadra mobile di Caltanissetta ha avuto impulso nel gennaio 2016 quando, durante una perquisizione nella villa di Montante a Serradifalco, gli agenti hanno rinvenuto in una stanza segreta, nascosta da una libreria, un archivio con veri e propri dossier e, frugando nel suo pc hanno recuperato tra i file cancellati quello che elencava contatti, incontri, e compensi per i corrotti (soprattutto posti di lavoro, promesse di trasferimenti eccetera). Ad accusare Montante, oltre ad alcuni collaboratori di giustizia, ci sono anche due ex amici dello stesso imprenditore, Marco Venturi, ex assessore regionale, e Alfonso Cicero, ex presidente dell'Irsap, l'istituto per la gestione delle aree industriali. Venturi faceva parte del gruppo, con in testa Ivan Lo Bello e Antonello Montante, che nel 2012 gestì la 'svolta' legalitaria di Confindustria in Sicilia. Anni di battaglie contro il 'pizzo' che consentirono a Confindustria di riaffermarsi nell'isola dopo anni bui segnati dalle inchieste giudiziarie che travolsero l'associazione degli industriali. Sotto i governi di Raffaele Lombardo e parte in quello di Rosario Crocetta, Venturi fu assessore regionale alle Attività produttive, proprio in quota Confindustria. E' dopo la fuga di notizia sull'inchiesta a carico di Montante, che Venturi comincia a nutrire dubbi su Montante. Si sente "strumentalizzato", comincia ad avere paura. Ne parla con i collaboratori più stretti, tra cui Cicero, un geometra al quale era stata affidata la guida dell'Irsap, Istituto regionale per lo sviluppo delle attività produttive che per legge acquisiva la gestione delle aree industriali nell'isola. Cicero aveva avviato una incisiva azione di legalità nelle aree, denunciando un sistema di corruzione e coinvolgendo dirigenti e funzionari pubblici. I due vengono intercettati dai pm che indagano su Montante, dicono di temere le ritorsioni di Montante che ai suoi ripete: "Se muoio io distruggo tutto". E in un'intercettazione, gli investigatori, scoprono, ascoltando Venturi, che Montante avrebbe fatto preparare un dossier di 500 pagine contro quelli che riteneva suoi nemici. Quando Venturi viene a sapere che Montante aveva fatto installare un sistema audio-video per 'spiare' le attività nella sede della Confindustria centro Sicilia, guidata proprio dall'ex assessore, decide di prendere definitivamente le distanze. I due si recano più volte dai pm  riempiendo pagine di verbali. Venturi si recherà pure a Roma per essere ascoltato dalla commissione nazionale Antimafia. Diventa così il principale accusatore di Montante. IL SISTEMA DELLE RACCOMANDAZIONI. L'inchiesta rivela come l'imprenditore di Serradifalco fosse il destinatario di decine di richieste di raccomandazione: gli investigatori ne hanno trovate almeno una novantina, pervenute tra il 2007 e il 2015, e altre 40 di soggetti che erano stati "certamente" segnalati. L'elenco è contenuto in vari documenti recuperati nel corso delle indagini: un file excel all'interno delle cartelle 'curric per sen' e 'tutti'; un altro file denominato 'curriculum vitae 11.06.12' trovato nel server ormai dismesso della società 'M.s.a' e le carte sequestrate sia nell'abitazione di Montante sia negli uffici di Confindustria Sicilia a Palermo. L'imprenditore, si legge nell'ordinanza, avrebbe fatto sistematicamente ricorso alla raccomandazione come sistema per "fidelizzare" i suoi interlocutori e creare una vasta rete di rapporti "improntanti a logiche clientelari". Uno schema che da un lato "soddisfa interessi percepiti dai suoi interlocutori come essenziali", come la ricerca di posti di lavoro per parenti, familiari e amici, dall'altro è "in grado di creare un minor allarme rispetto a quello che vuole il sistematico ricorso all'erogazione di somme in denaro, percepito con maggior disvalore sociale alla collettività". Il giudice fa però una puntualizzazione, "per sgombrare il campo da possibili equivoci": "non sono emersi allo stato concreti elementi per poter ipotizzare, in relazione ai soggetti che risultano essersi rivolti a Montante per chiedere l'elargizione di favori, l'esistenza di una contropartita in grado di colorare i rapporti di che trattasi in maniera rilevante da un punto di vista penale". Né, scrive, "è possibile affermare che costoro abbiano avuto un qualche ruolo nella creazione di quel sistema impiantato dal Montante".

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