E’ arrivata solo una lieve riduzione delle condanne per Nicole Minetti ed Emilio Fede nel processo d’appello "bis'"sul caso "Ruby bis" con al centro l'accusa di favoreggiamento della prostituzione di alcune giovani ospiti alle serate, di quasi otto anni fa, nella villa di Silvio Berlusconi ad Arcore. Un abbassamento di due mesi per l'ex consigliera lombarda e showgirl, da tre anni a 2 anni e 10 mesi, che non ha soddisfatto i suoi legali, e tre mesi in meno, da 4 anni e 10 mesi a 4 anni e 7 mesi per l’ex direttore del Tg4, che per i suoi difensori sono almeno «un’ulteriore assoluzione per moltissime vicende», dopo i 7 anni del primo grado.
Il nuovo procedimento era scaturito dalla decisione della Cassazione del 2015 di inviare gli atti ad un altro giudizio d’appello per colmare «lacune motivazionali» della sentenza della Corte che già nel 2014 aveva ridotte le pene per i due imputati (a Minetti in primo grado erano stati inflitti 5 anni), mentre Lele Mora si era visto riconoscere la continuazione con un patteggiamento per bancarotta ed era stato condannato a 6 anni e un mese.
Le difese, oltre a chiedere l’assoluzione, hanno provato a giocare la carta dell’illegittimità costituzionale della legge Merlin, dopo che la Corte d’Appello di Bari nei mesi scorsi ha deciso di trasmettere gli atti alla Consulta nel processo d’appello sulle escort portate da Gianpaolo Tarantini nelle residenze dell’allora presidente del Consiglio. E l’avvocato Pasquale Pantano, difensore dell’ex igienista dentale assieme al legale Paolo Righi, ha fatto anche un parallelismo con l'ordinanza di invio atti alla Corte Costituzionale sul caso dj Fabo: come Marco Cappato ha solo aiutato quell'uomo nell’esercizio «di un diritto», ossia la «libertà di decidere della propria vita», anche Minetti, ex consigliera lombarda, ha solo dato un aiuto alle ospiti alle serate di Villa San Martino "nell’esercizio libero della prostituzione».
Tesi che non ha convito la Corte (Caroselli-Pirola-Lai) che ha, però, assolto i due imputati su parte delle imputazioni. Fede è stato prosciolto «per non aver commesso il fatto» dal favoreggiamento della prostituzione di una serie di ragazze, rimasto in piedi, invece, per i casi di sette giovani: Barizonte, Berardi, Bonasia, Faggioli, Polanco, Loddo, Sampaio Visguerra. Assoluzione, invece, sempre per non aver commesso il fatto per gli episodi «di favoreggiamento in danno» di Ruby, ma l'accusa ha resistito per la vicenda del «14 febbraio 2010», quando il giornalista la accompagnò per la prima volta a Arcore. A suo carico ha retto anche l’accusa di tentata induzione alla prostituzione di Ambra Battilana, Chiara Danese e Imane Fadil, testimoni chiave dell’accusa e parti civili.
Per Minetti, invece, imputata per favoreggiamento della prostituzione di sette giovani, sono caduti i casi di Raissa Skorkina e Lisney Barizonte. «Per fortuna che la Cassazione è sempre a Roma e noi ci andremo», ha detto l’avvocato Pantano. Anche il legale Maurizio Paniz, che assiste l’ex direttore assieme al difensore Salvatore Pino, ha annunciato ricorso.
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