Lunedì 23 Dicembre 2024

Quarant'anni fa il sequestro e la morte di Aldo Moro, il caso che cambiò la storia d'Italia

ROMA. È il 16 marzo 1978, Aldo Moro si prepara alla cruciale giornata politica che lo aspetta l’indomani in Parlamento. Il suo progetto politico sta per compiersi con la fiducia al governo di solidarietà nazionale presieduto da Giulio Andreotti. Sono gli ultimi frammenti di vita da uomo libero del più importante uomo politico italiano. Dopo ci sarà solo il buio della "prigione del popolo". Poco dopo le 9, un commando delle Brigate Rosse entra in azione in via Fani, a Roma: blocca le auto del presidente Dc, uccide i 5 uomini di scorta e portano via Moro su una Fiat 132 blu. Poco dopo rivendicano l'azione con una telefonata all'Ansa.  Il sequestro terminerà 55 giorni dopo, il 9 maggio, con l'uccisione dello statista. Cinquantacinque giorni attraversati dalla schizofrenia di un paese posto di fronte alla decisione più difficile di sempre: trattare o non trattare con i terroristi. Sono trascorsi 40 anni da quel 16 marzo 1978. "Una mattina di 40 anni fa il più grave attacco alla Repubblica. L’Italia rende omaggio a un grande leader politico, ai carabinieri Leonardi e Ricci e agli agenti di Polizia Iozzino, Rivera e Zizzi", scrive su Twitter, il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni. Oggi una cerimonia di commemorazione in via Mario Fani, a Roma. Diversi i rappresentanti istituzionali presenti: dal capo dello Stato Sergio Mattarella al capo polizia Franco Gabrielli, dalla sindaca di Roma Virginia Raggi al presidente della Regione Nicola Zingaretti, fino alla presidente della Camera Laura Boldrini. Sul posto molti rappresentanti delle forze dell’ordine. La cronostoria del sequestro Moro: 18 marzo: Arriva il 'Comunicato n.1' delle Br, che contiene la foto di Moro e annuncia l'inizio del 'processo'. 19 marzo: Papa Paolo VI lancia il suo primo appello per Moro. 20 marzo: al processo di Torino, il 'nucleo storico' delle Br rivendica la responsabilità politica del rapimento. 21 marzo: Il governo approva il decreto antiterrorismo. 29 marzo: I brigatisti mandano un comunicato con la lettera al ministro dell'Interno Cossiga in cui Moro dice di trovarsi ''sotto un dominio pieno e incontrollato dei terroristi'' e accenna alla possibilita' di uno scambio. Moro non voleva renderla pubblica, ma i brigatisti scrivono di averla resa nota perchè ''nulla deve essere nascosto al popolo''. Recapitate anche altre lettere indirizzate alla moglie e a Nicola Rana. 18 aprile: Grazie ad un' infiltrazione d' acqua, polizia e carabinieri scoprono il covo di via Gradoli 96. I brigatisti (Moretti e Balzerani) sono pero' assenti. A Roma viene trovato un sedicente 'comunicato n.7' in cui si annuncia l' avvenuta esecuzione di Moro e l' abbandono del corpo nel Lago della Duchessa. Il comunicato, falso in modo evidente, è ritenuto autentico e per giorni il corpo di Moro sarà cercato, con un grande schieramento di forze, in un lago di montagna, tra le province di Rieti e L'Aquila, ghiacciato da mesi. 20 aprile: Le Br fanno trovare il vero 'Comunicato n.7', a cui e' allegata una foto di Moro con un giornale del 19 aprile. 21 aprile: La direzione Psi è favorevole alla trattativa. 22 aprile: Messaggio di Paolo VI agli ''Uomini delle Brigate rosse'' perchè liberino Moro ''senza condizioni''. 24 aprile: Il 'Comunicato n.8' delle Br chiede in cambio di Moro la liberazione di 13 Br detenuti, tra cui Renato Curcio. Zaccagnini riceve un' altra lettera di Moro, che chiede funerali senza uomini di Stato e politici. 29 aprile: È il giorno delle lettere. Messaggi di Moro sono recapitati a Leone, Fanfani, Ingrao, Craxi, Pennacchini, Dell' Andro, Piccoli, Andreotti, Misasi e Tullio Ancora. 30 aprile: Moretti telefona a casa Moro e dice che solo un intervento di Zaccagnini, ''immediato e chiarificatore'' puo' salvare la vita del presidente Dc. 2 maggio: Craxi indica i nomi di due terroristi ai quali si potrebbe concedere la grazia per motivi di salute. 5 maggio: Andreotti ripete il 'no alle trattative'. Il 'Comunicato n. 9' annuncia:''Concludiamo la battaglia cominciata il 16 marzo, eseguendo la sentenza''. Lettera di Moro alla moglie:''Ora, improvvisamente, quando si profilava qualche esile speranza, giunge incomprensibilmente l'ordine di esecuzione''. 9 maggio: Verso le 13,30, in via Caetani (vicino alle sedi di Dc e Pci), dopo una telefonata di Morucci avvenuta poco prima delle 13, la polizia trova il cadavere di Moro nel portabagagli di una Renault 4 rossa. Era in corso la direzione Dc, dove sembra che Fanfani stesse per fare un discorso aperto alla trattativa. Moro sarebbe stato ucciso la mattina presto nel garage di via Montalcini, il covo usato dai brigatisti come ''prigione del popolo''.

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