CALTANISSETTA. Aveva trasformato la sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo di cui era presidente e che gestisce i patrimoni sottratti ai boss mafiosi, in un «ufficio di collocamento per incarichi d’oro», fondato sulla logica del "do ut des": nomine di amministratori elargite come favori in cambio di «indebiti vantaggi per sè e per i suoi familiari». E così, Silvana Saguto- un tempo giudice icona dell’antimafia e ora a giudizio a Caltanissetta per corruzione e abuso d’ufficio- "piegando l’organizzazione della sua sezione e la direzione dei processi a un tornaconto personale e familiare», ha "letteralmente violentato» la «credibilità del contrasto all’associazione mafiosa». E’ per questo che il rappresentante della procura generale della Cassazione Mario Fresa ha chiesto alla Sezione disciplinare del Csm nella sua requisitoria una condanna esemplare per la magistrata che dal 2015 è sospesa dalle funzioni e dallo stipendio. La più grave tra quelle possibili: la rimozione dall’ordine giudiziario. Il verdetto dovrebbe arrivare a giorni, e come ha notato il Pg, sarebbe la prima volta che una sentenza disciplinare taglia il traguardo prima di quella penale. I fatti all’attenzione del Csm sono sostanzialmente gli stessi di cui si sta occupando il tribunale di Caltanissetta.A cominciare dalla nomina ad amministratore giudiziario dell’avvocato Gaetano Cappellano Seminara in sette procedure liquidate con «lauti compensi"; «in cambio - ha detto Fresa- la Saguto riceveva l’ingiusto vantaggio del conferimento di incarichi di collaborazione in favore di suo marito, che lucrava il complessivo importo di oltre 750mila euro». Tante le vicende contestate in 33 capi di incolpazione: la gran parte sono "pienamente» provate dalle intercettazioni telefoniche e ambientali disposte in sede penale e da testimonianze, secondo il Pg, che ha usato parole durissime nei confronti dell’ex presidente delle misure di prevenzione di Palermo. «Nell’arco temporale del suo incarico non vi è stato giorno in cui la Saguto non abbia compiuto un illecito disciplinare» e le sue condotte,"sintomatiche di un vero e proprio sistema di potere gravitante su di lei» , «sono state improntate alla violazione dei doveri di correttezza, diligenza, riserbo e equilibrio». Saguto agiva sentendosi al di sopra della legge, anzi violandola. E questo modo di comportarsi, unito al «notevole risalto mediatico della vicenda» , all’"allarme» suscitato tra gli operatori del diritto e allo «sconcerto dei cittadini dinanzi alla commercializzazione della qualità di magistrato e alla gestione disinvolta dei patrimoni dei beni di provenienza mafiosa» , impongono di mandarla via dalla magistratura: perchè minano la sua credibilità «indispensabile per poter continuare a svolgere con il necessario prestigio le funzioni giurisdizionali in qualsiasi sede giudiziaria». Domani la parola passa alla difesa di Saguto: lei- che pure ha chiesto di poter rendere dichiarazioni ma che sinora non è mai comparsa in aula- non ci sarà invece per un problema di salute. Per la sentenza bisognerà aspettare qualche giorno perche la Sezione disciplinare ha deciso di portare avanti contemporaneamente i procedimenti che riguardano altri magistrati coinvolti nello stesso caso, Tommaso Virga, Fabio Licata, Lorenzo Chiaromonte e Guglielmo Muntoni. Solo alla fine di tutto i giudici si riuniranno in camera di consiglio per le sentenze.