CITTÀ DEL VATICANO. Occorre «superare le nostre paure per poter andare incontro all’altro. Le paure di accogliere i migranti, ma anche di chi arriva, sono legittime, fondate su dubbi pienamente comprensibili da un punto di vista umano. Il peccato è lasciare che queste paure determinino le nostre risposte, condizionino le nostre scelte, compromettano il rispetto e la generosità, alimentino l’odio e il rifiuto». Sono le parole di Papa Francesco nell’omelia pronunciata nella basilica vaticana in occasione della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato.
In basilica sono rappresentati 49 Paesi con i loro migranti e rifugiati. Ci sono anche una settantina di rappresentanti diplomatici. Novemila le persone presenti alla messa. Tra i migranti e i rifugiati ci sono: 200 indiani (Rito latino); 450 indiani (Rito siro malabarese); 50 libanesi maroniti; circa 800 romeni di Rito latino e alcuni romeni di Rito Greco cattolico, una trentina di malgasci, 60 siro antiocheni, più di 1.200 ucraini di Rito Greco cattolico e 35 ucraini di Rito latino; 150 srilankesi; 200 capoverdiani; più di 2.000 filippini; 10 melchiti; 25 cinesi.
I canti intonati in diverse lingue e ad animare la celebrazione è il coro «Hope» di Torino. Ci sono 460 concelebranti, più quattro diaconi di Ghana, Romania e Nigeria. I ministranti che assistono il Papa sono religiosi studenti della Congregazione dei Missionari di San Carlo-Scalabriniani (da Indonesia, Vietnam, Filippine, Repubblica Democratica del Congo, Messico, Brasile e Guatemala).
A leggere le preghiere dei fedeli sei migranti e rifugiati provenienti dalla Nigeria, Cina, India (lingua malayalam), comunità siro antiochena (lingua araba), Ucraina (comunità di rito bizantino), Etiopia (lingua amarica).
L'offertorio è affidato a 12 rappresentanti della Comunità Latinoamericana della Parrocchia di Santa Lucia di Roma, la quale celebra il suo 25mo anniversario di fondazione. I lettori arrivano da Filippine (inglese), Brasile (portoghese) e Repubblica Democratica del Congo (francese).
«L'incontro vero con l'altro non si ferma all’accoglienza», ha sottolineato il Papa. E’ necessario anche «proteggere, promuovere e integrare. Nell’incontro vero con il prossimo, saremo capaci di riconoscere Gesù Cristo che chiede di essere accolto, protetto, promosso e integrato?», ha chiesto Papa Francesco sottolineando che «questo incontro vero con il Cristo è fonte di salvezza».
Un invito che coinvolge chi accoglie ma anche chi arriva: «Per i nuovi arrivati, accogliere, conoscere e riconoscere significa conoscere e rispettare le leggi, la cultura e le tradizioni dei Paesi in cui sono accolti. Significa pure comprendere le loro paure e apprensioni per il futuro. Per le comunità locali, accogliere, conoscere e riconoscere significa aprirsi alla ricchezza della diversità senza preconcetti».
Partendo dal Vangelo, in cui Gesù invita i discepoli a seguirlo, 'Venite e vedrete!', il Papa sottolinea che quell'invito «è oggi rivolto a tutti noi, comunità locali e nuovi arrivati. È un invito a superare le nostre paure per poter andare incontro all’altro, per accoglierlo, conoscerlo e riconoscerlo. È un invito che offre l'opportunità di farsi prossimo all’altro per vedere dove e come vive. Nel mondo di oggi, per i nuovi arrivati, accogliere, conoscere e riconoscere significa conoscere e rispettare le leggi, la cultura e le tradizioni dei Paesi in cui sono accolti. Significa pure comprendere le loro paure e apprensioni per il futuro. Per le comunità locali, accogliere, conoscere e riconoscere significa aprirsi alla ricchezza della diversità senza preconcetti, comprendere le potenzialità e le speranze dei nuovi arrivati, così come la loro vulnerabilità e i loro timori».
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