ROMA. La prima tragedia dell’anno si consuma ad una quarantina di miglia a nord delle coste di Tripoli, in acque internazionali: un gommone, salpato nella notte o nelle prime ore della mattina da un porto ad est della capitale libica, molto probabilmente Garabulli, è naufragato con il suo carico di migranti. Al momento il bilancio non è definitivo: 86 tra uomini, donne e bambini sono stati salvati dagli uomini della Guardia Costiera e della Marina Militare italiana e 8 sono i cadaveri recuperati. Ma si teme possano esserci altre vittime.
Comincia dunque nel peggiore dei modi il 2018, nonostante gli sforzi dell’Italia per supportare la Guardia Costiera libica e contrastare i trafficanti di esseri umani, nonostante nel 2017 le partenze siano diminuite di oltre il 34% e nonostante l'intervento dell’Onu nei campi libici e l’apertura del primo corridoio umanitario 'legalè che due giorni prima di Natale ha consentito di portare in Italia con un volo di Stato 160 migranti in condizioni di fragilità sottratti ai centri di detenzione di Tripoli.
L’allarme è scattato attorno alle 11, quando un velivolo inquadrato nella missione Eunavformed "Sophia" - il dispositivo dell’Unione europea schierato nel Mediterraneo proprio per tentare di bloccare i trafficanti di esseri umani - ha avvistato un gommone in difficoltà, già in parte semisommerso. Immediata la chiamata alla centrale operativa della Guardia Costiera italiana, cui spetta il compito di coordinare i soccorsi e che ha inviato in zona nave Diciotti e alcune unità della Marina Militare. Quando sono arrivati sulle coordinate indicate dal velivolo, i soccorritori sono riusciti a salvare 86 persone, tutte di origine subsahariana.
Per altre 8 non c'è stato invece nulla da fare: erano già morte quando le imbarcazioni hanno raggiunto il punto del naufragio e non è rimasto che recuperare i cadaveri. Cosa abbia provocato l’incidente non è ancora chiaro anche se con ogni probabilità all’origine vi sono una serie di concause: le condizioni del mare non ottimali, il sovraffollamento a bordo e la pessima qualità del gommone.
Il numero delle vittime potrebbe però essere maggiore. In un tweet l’Organizzazione non governativa tedesca Sea Watch, che non si trova con le sue imbarcazioni nella zona del naufragio, ha sostenuto che le vittime sarebbero «almeno 25», mentre un’altra Ong, la catalana Proactiva Open Arms, parla di «decine di persone scomparse» e accusa: i migranti, prima di essere soccorsi, hanno trascorso «ore in acqua». «Inizia la conta dei morti annegati nel Mediterraneo nel 2018» prosegue polemicamente Proactiva che poi, con il suo fondatore Oscar Campos, parla di "tristezza e disperazione».
Vittime che si vanno a sommare alle oltre tremila che, secondo i dati dell’Oim, hanno perso la vita nel Mediterraneo nel 2017. Dall’inizio del 2018 sono invece oltre 400 le persone salvate davanti alla Libia: 333 sono i migranti soccorsi tra l’1 e il 4 gennaio e 86 sono quelli salvati oggi nel naufragio. Nello stesso periodo dell’anno scorso furono 729 i migranti soccorsi.
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