PALERMO. Riina, cosa nostra e i segreti legati alla fase stragista ma non solo. Con la morte del "capo dei capi" si chiude un'era, è vero, ma si chiude anche definitivamente la possibilità di far luce su decenni di storia e di segreti siciliani e che non riguardano soltanto l'Isola. Un aspetto messo in luce da molti ieri, a partire dal presidente del Senato Pietro Grasso, giudice nel maxiprocesso e poi a capo della Procura di Palermo e della superprocura antimafia. "La pietà di fronte alla morte di un uomo - ha detto Grasso - non ci fa dimenticare quanto ha commesso nella sua vita, il dolore causato e il sangue versato. Porta con sé molti misteri che sarebbero stati fondamentali per trovare la verità su alleanze, trame di potere, complici interni ed esterni alla mafia, ma noi, tutti noi, non dobbiamo smettere di cercarla". Un aspetto messo in luce anche dal successore di Grasso, il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho: "Con la morte di Totò Riina si è sostanzialmente chiusa l'era delle stragi". E sul fatto che non abbia mai parlato ha detto: "E' la modalità comportamentale tipica di chi ha assunto un ruolo verticistico. E' l'immagine del monolite che l'organizzazione rappresenta. Qualunque indebolimento sarebbe l'annientamento dell'organizzazione. Se avesse collaborato avrebbe svelato quei segreti della mafia che l'ha resa forte". "Resta il forte rimpianto che in vita non ci abbia svelato nulla della stagione delle stragi e dei tanti misteri che sono legati a lui"ha ricordato anche Maria Falcone, sorella del magistrato ucciso dalla mafia. "Con Riina - ha commentato Luigi De Magistris, sindaco di Napoli, anche lui con un passato in magistratura - se ne vanno anche dei misteri perché ancora dobbiamo capire cosa c'è stato tra il 1992 e il 1993 soprattutto nella stagione delle bombe e quale è stato il ruolo di pezzi dello Stato per cui è in corso il processo sulla trattativa tra questi pezzi di Stato e Cosa Nostra". E poi la politica. In un messaggio i gruppi parlamentari del MoVimento 5 Stelle alla Camera e al Senato scrivono: "Nessuna esultanza per la morte del boss sanguinario di Cosa nostra, Totò Riina, perché questo ci assimilerebbe proprio agli stessi comportamenti da lui impersonificati. Resta il rammarico di non aver ancora scoperto i tanti segreti della vita pubblica italiana che si sta portando nella tomba. Ora, però, chiediamo a magistrati e forze dell'ordine massima attenzione su quanto si muoverà dentro Cosa nostra". E il senatore Idv Francesco Molinari, membro della commissione Antimafia: "Rammarica - continua il senatore - che non ci abbia consentito di chiarire i molti misteri che ancora avvolgono diversi aspetti della recente storia di questo Paese e degli intrecci perversi fra spezzoni di esso e chi non ha mai accettato l'esistenza pervasiva della criminalità organizzata. Una testimonianza di Riina avrebbe facilitato ed accelerato, perché non dubito che alla fine tutto sarà disvelato, l'accertamento sulle alleanze, le trame di poteri, i complici interni ed esterni alla mafia".