PALERMO. L'ultima volta che qualcuno ci aveva provato in Sicilia, prima di ieri, la fuga è durata un giorno. Era luglio e tre detenuti, tutti italiani, evasero dal carcere di Barcellona Pozzo di Gotto. Condannati per reati legati alla tossicodipendenza, i tre erano scappati dopo aver divelto l'inferriata della palestra del penitenziario. Furono (ri) catturati dopo 24 ore.
In tutto sono più di una decina di evasioni dalle carceri dall’inizio dell’anno. Ma la cifra sale vistosamente se si sommano i 60 detenuti che si sono dati alla macchia approfittando di un permesso ricevuto per ragioni familiari, come premio per una buona condotta o per andare a lavorare all’esterno dei penitenziari. Una situazione peggiore di quella registrata nell’intero 2016: un anno fa le evasioni in senso stretto erano state sei, a fronte però di un centinaio tra reclusi e internati che non si sono più ripresentati nelle strutture in cui erano detenuti dopo aver goduto di un permesso.
Con quelle di ieri dal carcere di Favignana salgono a 13 le evasioni da istituti penitenziari che si sono verificate dall’inizio dell’anno. Ma nei primi sei mesi del 2017 - fa sapere il sindacato autonomo della polizia penitenziaria, Sappe - altri 60 tra detenuti e internati hanno fatto perdere le proprie tracce: 17 approfittando di permessi premio e di necessità, 11 del lavoro all’esterno del carcere, altri 11 del regime di semilibertà, a cui vanno sommati 21 mancati rientri di internati.
Sempre in Sicilia fece molto scalpore, anche per la tragica conclusione, l'evasione di Valentin Frokkaj, albanese, fuggito dal carcere dei Pagliarelli di Palermo a maggio del 2014. Una fuga assolutamente rocambolesca, che scatenò una gigantesca caccia all'uomo in ogni parte della Sicilia. Cinque agenti penitenziari finirono sotto inchiesta per la fuga di Frokkaj, un ergastolano condannato per aver accoltellato a morte un suo connazionale, che già nel 2013 era evaso da un altro carcere, quello di Parma. La fuga (e la vita) di Valentin Frokkaj finirono il 25 novembre 2015, quando l'uomo fu ucciso a Rodano, nel Milanese, durante un tentativo di rapina.
La fuga che ha fatto più rumore, dato lo spessore criminale del personaggio, è stata quella di Johnny Lo Zingaro, a giugno dal carcere di Torino. Alle spalle una lunga scia di sangue, l'ergastolano fece perdere le proprie tracce mentre godeva del regime di semilibertà. Un colpo di testa per amore, per poter passare un pò di tempo con la sua compagna, spiegò un mese dopo quando venne riacciuffato.
L’evasione più lunga è stata invece quella di tre rumeni, componenti di un’organizzazione specializzata in furti e spaccate. Fuggirono a febbraio dal carcere fiorentino di Sollicciano in modo rocambolesco: dopo aver praticato un foro nella loro cella, si calarono con un lenzuolo nel cortile destinato all’ora d’aria e da qui scavalcarono il muro di cinta. L'ultimo di loro è stato catturato a maggio in Olanda dove aveva trovato rifugio.
Fiamma ossidrica e la classica corda fatta annodando le lenzuola sono stati invece gli strumenti usati a marzo dall’esponente del clan Belforte Alessandro Menditti, per svignarsela dalla sezione alta sicurezza del carcere di Frosinone. Quasi in contemporanea un’altra evasione dal carcere di Alessandria. protagonista un condannato definitivo albanese. Tutte e due le fughe sono finite nello stesso modo :con la cattura. Conclusione identica anche per l’evasione a luglio di due detenuti dal carcere di Civitavecchia: uno, ferito alle gambe, venne ritrovato quasi subito a solo un chilometro di distanza. L’altro qualche mese dopo a Roma.
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