TRENTO. Una zanzara «colpevole» per ora non si trova e un errore dei sanitari che l’hanno curata nemmeno, nonostante siano loro stessi a cercarlo. È questa la situazione, a due giorni dalla morte della bambina di 4 anni per malaria agli Spedali civili di Brescia, dopo che era stata ricoverata per diabete a Portogruaro e a Trento. Eppure il parassita che ha ucciso lei è lo stesso che aveva fatto ammalare due bambine di 4 e 11 anni di ritorno dal Burkina Faso, che erano in pediatria a Trento negli stessi giorni della piccola. Così come altri due componenti della stessa famiglia, il fratello maggiore e la madre, curati e guariti però in un altro reparto, quello di malattie infettive. Un reparto per adulti lontano da quella della piccola. Quattro pazienti in tutto con lo stesso tipo di malaria.
Per Sofia è stata predisposta per domani l’autopsia, all’Istituto di medicina legale di Verona. Sono aperti infatti a Brescia e a Trento due fascicoli per omicidio colposo contro ignoti e il Nas dei carabinieri sta indagando, anche con l'acquisizione di materiale in ospedale a Trento, effettuata sia ieri che oggi, quando alla direzione sanitaria è giunta la comunicazione ufficiale dell’inchiesta.
Quanto alla ricerca della causa del contagio per la bambina, che non era stata in Paesi dove sia presente la malaria, a Trento si è conclusa con esito negativo la raccolta delle trappole posizionate nel reparto: niente zanzare. Eseguita inoltre la disinfestazione dei locali di pediatria e domani i pazienti potranno farvi ritorno. Sono i medici dello stesso ospedale intanto a continuare a cercare una ragione del contagio. «Il parassita - dice Nunzia Di Palma, primaria di pediatria dell’ospedale di Trento - è risultato lo stesso, il Plasmodium falciparum, per la bimba e per le altre due, guarite, ma possono esserci diversi ceppi. Da appurare è quindi - spiega - se sia o meno lo stesso. Di questo si sta occupando l’Istituto superore di sanità, a cui per protocollo sono stati inviati i vetrini per le indagini molecolari, utili a individuare i ceppi». Ma i tempi per i risultati, si è appreso, non saranno brevi. Del resto «la bimba poteva uscire durante il ricovero per diabete» precisa Di Palma.
I sanitari intanto hanno ripercorso la storia clinica di Sofia. "Abbiamo cercato di capire - racconta Di Palma, aggiungendo il proprio dispiacere per la sorte della piccola - se abbiamo fatto degli errori nelle procedure, perché per un contagio ci vorrebbe un contatto di sangue, ma non lo troviamo. L’isolamento, in caso di un paziente con malaria, non è previsto, perché ci vuole un vettore. Aggiungo che nella stessa stanza in cui la piccola era ricoverata per diabete c'era un bimbo di 3 anni, sempre col diabete, che non ha manifestato sintomi di malaria». La diagnosi, il 2 settembre, «era stata fatta in un’ora e mezza, partendo da una carenza di piastrine» ricorda. «In Africa se si vede una febbre alta si pensa subito alla malaria, ma in una bambina che non ha fatto viaggi non è possibile - spiega Aldo Morrone, direttore del servizio salute globale dell’ospedale San Gallicano di Roma -. I colleghi di Trento hanno agito bene».
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