ROMA. Sono tre gli episodi sui quali indaga la procura di Trapani e per i quali il gip ha disposto il sequestro preventivo della nave Iuventa della Ong tedesca Jugend Rettet. Il procedimento è a carico di ignoti ed il reato ipotizzato è il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Il primo episodio contestato - così come descritto nel decreto di sequestro - risale al 10 settembre dello scorso anno: componenti dell’equipaggio della motonave Iuventa avrebbero imbarcato «140 migranti provenienti dalle acque territoriali libiche a bordo di un’imbarcazione che, dopo il trasbordo sulla motonave Iuventa, si allontanava con a bordo due uomini verso le coste libiche». I migranti, successivamente, dalla Iuventa "venivano trasportati sulla motonave Vos Hestia» che il 12 settembre 2016 approdava al porto di Trapani». Il secondo episodio è del 18 giugno scorso ed è avvenuto in in acque internazionali: componenti dell’equipaggio della stessa Iuventa - scrive il gip - «dopo aver partecipato alle operazioni di soccorso dei migranti provenienti delle acque territoriali libiche a bordo di tre imbarcazioni, riconsegnavano, dopo averle legate tra loro, le suddette imbarcazioni ai trafficanti libici». Una delle tre imbarcazioni - contrassegnata con le lettere «KK» - «veniva poi riutilizzata in un altro fenomeno migratorio» otto giorni dopo, il 26 giugno. Sempre il 18 giugno scorso, poche ore più tardi, infine, il terzo episodio all’attenzione dei magistrati trapanesi: componenti dell’equipaggio della motonave Iuventa - scrive il gip nel provvedimento di sequestro, «dapprima si incontravano in acque internazionali con trafficanti libici a bordo delle rispettive imbarcazioni, quindi facevano momentaneo ritorno presso la motonave Iuventa (mentre i trafficanti libici si dirigevano nuovamente verso le acque libiche), e, da ultimo, si incontravano nuovamente con i trafficanti libici che questa volta scortavano un’imbarcazione con a bordo dei migranti che venivano poi trasbordati sulla motonave Iuventa». Al termine delle operazioni, «i trafficanti - conclude il giudice - prelevavano dall’imbarcazione utilizzata dai migranti il motore e facevano ritorno in acque libiche».