ROMA. Venticinque anni «buttati», senza arrivare alla verità, anzi pieni di «schifezze e menzogne». Nel giorno dell’anniversario della strage di via D’Amelio in cui persero la vita Paolo Borsellino e cinque uomini della sua scorta, le figlie del magistrato ucciso reclamano giustizia, denunciando i depistaggi e le gravi anomalie che si sono verificate nelle indagini e chiedendo che si faccia finalmente luce su quel che è realmente accaduto e su comportamenti ascrivibili a uomini delle istituzioni. Parole che fanno molto rumore. Così come sono nette quelle che pronuncia il capo dello Stato alla commemorazione di Borsellino al Csm, cui partecipa anche una delle figlie del magistrato, Lucia: nelle indagini sulla strage ci sono stati «troppi errori» e restano ancora aperti «tanti interrogativi» sulla strada della verità. Ad aprire la giornata è lo sfogo della figlia più piccola di Borsellino, Fiammetta, sul Corriere della Sera. Ci sono state "manovre per occultare la verità» su via D’Amelio, accusa in un’intervista, attaccando anche i pm che hanno indagato per primi. «Abbiamo avuto un balordo della Guadagna come pentito fasullo e una Procura massonica guidata all’epoca da Gianni Tinebra che è morto, ma dove c'erano Annamaria Palma, Carmelo Petralia, Nino Di Matteo...». E a chi le ricorda che allora il pm del processo sulla presunta trattativa tra Stato e mafia era ancora giovane, risponde decisa: «mio padre non si meritava giudici alle prime armi». Fiammetta - che più tardi rilancerà le stesse accuse davanti alla Commissione Antimafia in trasferta a Palermo - lamenta anche la solitudine in cui è stata lasciata la sua famiglia: «nessuno si fa vivo con noi, non ci frequenta più nessuno, magistrati o poliziotti. Si sono dileguati tutti» . Non fa nomi ma chiama in causa la responsabilità di uomini delle istituzioni, invece la sorella, Lucia, invitata a Palazzo dei marescialli alla commemorazione a cui partecipano tra gli altri il presidente del Senato Piero Grasso, il procuratore nazionale Franco Roberti, il Pg di Palermo Roberto Scarpinato, (mentre Luca Zingaretti legge alcuni toccanti interventi di suo padre, ora pubblicati dal Csm in un libro assieme a tutti gli atti che lo riguardano). Quando Lucia interviene ha già sentito Mattarella dire che la tragica morte di suo padre «deve ancora avere una definitiva parola di giustizia», che «troppe sono state le incertezze e gli errori che hanno accompagnato il cammino nella ricerca della verità sulla strage di via D’Amelio», e che «ancora tanti sono gli interrogativi sul percorso per assicurare la giusta condanna ai responsabili di quel delitto efferato». Così come ha ascoltato il vice presidente del Giovanni Legnini invocare «piena luce» su quello che il primo presidente della Cassazione Giovanni Canzio definisce un «indegno depistaggio». E anche se la voce tradisce l'emozione, è decisa nella sua richiesta di verità: «a distanza di 25 anni giustizia non è stata fatta. Chiedo in questa solenne cerimonia , che a fronte delle anomalie emerse riconducibili verosimilmente al comportamento di uomini delle istituzioni si intraprendano le iniziative per far luce e chiarezza su quanto accaduto nelle indagini e si chieda conto di comportamenti anomali»