BRESCIA. La reazione all’annuncio del sindaco del paese dell’arrivo di 35 profughi è nelle due molotov esplose al piano terreno dell’albergo che avrebbe dovuto ospitare i richiedenti asilo. E che in parte è stato divorato dalle fiamme. Ne sono convinti gli inquirenti al lavoro per dare un nome ai responsabili dell’intimidazione firmata la notte scorsa all’hotel Eureka, a Vobarno nel Bresciano. Il paese da dove era partito per combattere in Siria il giovane marocchino Anas El Abboubi, arrestato per terrorismo nel 2012, scarcerato e poi arruolatosi per l’Isis e anche il paese di residenza dell’amico Zakaria Youbi, espulso dall’Italia un mese fa per apologia del terrorismo. «Sono notizie che non fanno bene al paese - spiega il primo cittadino Giuseppe Lancini -. Le due molotov esplose sono qualcosa di molto brutto. Non mi aspettavo tanto violenza». Era stato lo stesso sindaco a annunciare alla sua popolazione l'arrivo di nuovi richiedenti: «giovedì ho parlato con la gente di Carpeneda, frazione di 400 abitanti, e subito non hanno reagito bene. Pensavo si fossero tranquillizzati e invece...». E invece si contano i danni all’hotel Eureka, chiuso al pubblico da quattro anni, e individuato dalla Prefettura di Brescia per affrontare l’ultima emergenza profughi. «La Prefettura mi ha avvertito giovedì che sarebbero arrivati in quell'albergo. Non ero d’accordo ma tanto anche se dici qualcosa te li mandano comunque», è il pensiero di Lancini. Pare che anche il proprietario del hotel Eureka avesse, almeno a parole, detto no all’ospitalità. «Se arrivano dei profughi è contro la mia volontà e vuol dire che la struttura mi è stata requisita in quanto non ho firmato alcun accordo», aveva detto nei giorni scorsi Valerio Ponchiardi proprietario dell’albergo. «È un leghista della prima ora» assicurano in paese. Non risulta iscritto al Carroccio, «ma fino a pochi giorni fa fuori dall’hotel sventolavano le bandiere della Repubblica di Venezia». «Erano ragazzi, un commando organizzato. Da giorni in paese dicevano: chiudiamo, spariamo, bruciamo tutto», ha invece spiegato oggi l’albergatore a Radio Capital. "Hanno sfondato il vetro antisfondamento con una mazza. Hanno buttato una molotov e una tanica di benzina. Io ho spento l'incendio, sono rimasto un pò intossicato, ma niente di grave - ha aggiunto -. Me lo aspettavo, sapevo che avrebbero fatto qualcosa perché era da qualche sera che attorno all’albergo giravano persone strane. Io non dormivo, sono andato sul poggiolo e ho visto questi che stavano scappando ma non li ho riconosciuti perché avevano i volti travisati». Dalla Prefettura bresciana è stato spiegato che tra la cooperativa che aveva in carico i 35 nuovi profughi destinati a Vobarno e il proprietario non era stato trovato ancora l'accordo. «Confermo, ne abbiamo parlato con la proprietà dell’immobile e Ponchiardi stava facendo una valutazione e doveva parlarne anche con la sorella», precisa Marco Riva, responsabile della cooperativa un Sole per tutti, che ha in carico i richiedenti asilo destinati a Vobarno. «Ma a noi invece è stato spiegato che sarebbero stati sistemati nelle 18 stanze dell’Eureka», sostiene il sindaco che è stato convocato per domani alle 12 in Prefettura. Ad oggi nel paese della Valsabbia i profughi sono 23. «Arrivarono tramite la cooperativa di Angelo Scaroni» ricorda il primo cittadino. Si tratta dell’imprenditore iscritto nelle scorse settimane nel registro degli indagati dalla Procura di Brescia per truffa allo Stato nell’ambito della gestione dei richiedenti. Aveva partecipato al bando pubblico presentando autocertificazione e spiegando di avere strutture che gli inquirenti hanno ritrovato solo in parte. In alcuni casi non esistevano proprio gli immobili segnalati mentre in altre situazioni gli stranieri erano stipati in spazi troppo stretti.