MILANO. Condannato a un anno per un illecito tributario contro i cinque chiesti dalla Procura, Fabrizio Corona esce dall'ennesimo processo da vincitore, esultando con un 'sì, giustizia è fatta' e battendo i pugni sul banco, perché i giudici hanno smontato l'impianto accusatorio che la Dda di Milano aveva costruito su quei 2,6 milioni in contanti trovati in parte in un controsoffitto della collaboratrice Francesca Persi, condannata a 6 mesi, in parte in Austria.
Un'inchiesta, quella dei pm del pool di Ilda Boccassini, che aveva riportato in carcere l'ex 're dei paparazzi' lo scorso ottobre, mentre era in affidamento in prova ai servizi sociali. Misura cautelare che è stata oggi revocata dal collegio (Guido Salvini-Chiara Nobili-Andrea Ghinetti) che ha spazzato via con l'assoluzione le due imputazioni più pesanti, riguardanti quella massa 'cash', contestate all'ex agente fotografico: l'intestazione fittizia di beni e la violazione di norme patrimoniali sulle misure di prevenzione.
Corona resta, comunque, in carcere per ora per scontare il cumulo di pene definitive residuo (circa 5 anni al momento), proprio perché dopo il nuovo arresto il Tribunale di Sorveglianza gli aveva revocato l'affidamento.
Alla luce della sentenza, però, la difesa punta ad una nuova istanza per farlo uscire da San Vittore. In mattinata, prima del verdetto, l'ex 'fotografo dei vip' aveva continuato a difendersi citando anche il 'daimon' di Platone e Shakespeare ("dalla Dda e dalla polizia molto rumore per nulla") e facendo scoppiare a piangere la fidanzata Silvia Provvedi, quando l'ha definita "unica e speciale" e un "amore vero".
Poco dopo il Tribunale sull'accusa di intestazione fittizia dei contanti all'amica (senza precedenti giurisprudenziali) ha accolto, in sostanza, la tesi dei difensori Ivano Chiesa e Luca Sirotti: quei 2,6 milioni erano il frutto del 'nero' accumulato da Corona con le serate nei locali e con le altre attività lecite e non c'è prova di contatti con la criminalità.
Persi, difesa dai legali Fabio Lattanzi e Cristina Morrone, sarebbe stata "mera custode" di quei soldi nascosti, senza alcuna apparente schermatura fittizia. I giudici, in pratica, hanno accolto la linea della difesa che ha sempre sostenuto che si trattasse solo di un "problema fiscale", tanto che hanno deciso la trasmissione degli atti in Procura su quei contanti per il reato di dichiarazione infedele dei redditi, inizialmente contestato dal pm David Monti che per primo interrogò Corona, prima che l'inchiesta passasse alla Dda (trasmessi gli atti anche per appropriazione indebita come chiesto dal pm Alessandra Dolci).
Ha retto l'accusa di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte relativa ad una cartella esattoriale e che nulla ha a che fare coi contanti sequestrati (il procedimento è ancora aperto davanti alla Sezione misure di prevenzione).
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