ROMA. I trafficanti di uomini fanno partire dalla Libia migliaia di persone con imbarcazioni «sempre più precarie, piene all’inverosimile e senza guida, che non sono minimamente in grado di fare una navigazione nel tempo e nello spazio». E’ l’allarme lanciato dal comandante generale della Guardia Costiera Vincenzo Melone nell’audizione in Commissione difesa del Senato, nel corso della quale ha ribadito le difficoltà che deve affrontare la Guardia Costiera.
«Siamo di fronte ad un problema umanitario epocale e non possiamo voltare le spalle a questa situazione. Noi ormai - ha spiegato - facciamo operazioni di soccorso in un milione e centomila chilometri quadrati di mare, la metà del Mediterraneo, e non più nei 500mila che ci spettano, perché davanti alla Libia c'è un buco». Uno sforzo «così pesante, per tempo, dimensioni e responsabilità» che «nessuna Guardia Costiera al mondo si è mai trovata ad affrontare».
In ogni caso, ha concluso Melone, i soccorsi in mare sono «il sintomo di una malattia che si sviluppa sulla terraferma»: l'attività di ricerca e soccorso «non è né la causa né può dare soluzioni"; che invece vanno trovate in «straordinarie misure di carattere politico».
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