ROMA. Oltre cinque secoli di carcere e nessuna assoluzione. 515 anni dietro le sbarre per capi, organizzatori, gregari, comprimari e 'semplicì corrotti, tutti appartenenti o in affari con un’associazione a delinquere che è diventata mafia passando «dalla strada agli appalti» grazie al "capitale criminale originario» portato dal capo indiscusso, l'ex Nar Massimo Carminati, e dai rapporti e relazioni dell’ex ras delle cooperative Salvatore Buzzi nelle istituzioni. Al termine di una requisitoria durata quattro udienze, la procura di Roma presenta il conto ai 46 imputati al processo al 'mondo di mezzo'. Gli imputati hanno una «spiccata pericolosità a delinquere», premette il pm Luca Tescaroli: e nei loro confronti «si è partiti dalla pena edittale minima» senza la "concessione delle attenuanti generiche» proprio «in considerazione della gravità delle condotte». Il primo nome scandito nelle richieste è quello dell’ex Nar, che per la procura era il capo e l’organizzatore dell’associazione. Per lui i pm hanno chiesto 28 anni di carcere e 2 anni da scontare in una colonia agricola o in una casa di lavoro. Una misura di sicurezza, dice Tescaroli, che deve essere applicata poiché Carminati deve essere riconosciuto come un «delinquente abituale». Il 'Cecato' ascolta prima impassibile e poi, quando sente quella parola, 'delinquentè, alza le braccia al cielo con i pugni chiusi, come se avesse segnato un gol. D’altronde era stato lui stesso, «vecchio fascista» che aveva militato in organizzazioni criminali di tutt'altro spessore, a ricordare a tutti di essere «ancora in guerra». Per l’altro grande protagonista di questa storia, Salvatore Buzzi quello che 'la mucca va continuamente foraggiata per mungerlà, la procura chiede 26 anni e 3 mesi di carcere. Lui, Carminati e altri 17, sostiene la procura, hanno fatto parte di "un’associazione di stampo mafioso operante a Roma e nel Lazio, che si avvale della forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo e dell’omertà che ne deriva» per «acquisire in modo diretto o indiretto la gestione e il controllo di attività economiche, concessioni, autorizzazioni, appalti e servizi pubblici». Hanno gestito la pubblica amministrazione, sottolinea il procuratore aggiunto Paolo Ielo, «come fette di una caciotta, un qualcosa da spartire e non certo facendo attenzione al bene comune». Pene pesanti anche per gli altri principali imputati. Per il braccio destro di Carminati, Riccardo Brugia, è stata chiesta la condanna a 25 anni e 10 mesi e 22 anni per la 'cernierà tra l'organizzazione e il mondo politico-istituzionale, Fabrizio Testa. Per i 'politicì ritenuti appartenenti al clan, l’ex Ad di Ama Franco Panzironi e l’ex consigliere comunale Luca Gramazio, la procura ha chiesto rispettivamente 21 anni e 19 anni e mezzo. Se la cava con soli 2 anni e 6 mesi, per l’accusa di corruzione, Luca Odevaine, ex componente del tavolo sull'immigrazione: la procura gli riconosce un ruolo di collaborazione anche se la pena deve intendersi in continuazione con quella a 2 anni e 8 mesi già patteggiata dall’ex esponente del Pd. Ora la parola passa alle difese, che tenteranno in ogni modo di smontare la tesi regina di tutto il processo. E, nella prima metà di luglio, è prevista la sentenza.