ROMA. Cambiare il gergo delle carceri. Trasformare, almeno nel lessico, le celle in "camere di pernottamento", lo "spesino" in "detenuto addetto alla spesa", il "piantone" in "assistente alla persona", il "detenuto lavorante" in "lavoratore". E' lo scopo di una circolare del Dap, il Dipartimento amministrazione penitenziaria, che sta provocando reazioni nella polizia penitenziaria: per i sindacati è "paradossale" preoccuparsi del lessico di fronte a problemi ben più seri del sistema carcerario. Il Sappe, il cui segretario, Donato Capece, ha reso noti i contenuti della circolare e la Uilpa penitenziari guidata da Angelo Urso avvertono una netta stonatura. L'Osapp, con il segretario, Leo Beneduci, parla di "un'Amministrazione ormai giunta alla frutta". Il Dap, guidato da Santi Consolo, si è difeso esortando all'uso di un linguaggio appropriato. Un invito che del resto arriva anche dal Comitato europeo per la prevenzione della tortura e dal Garante nazionale delle persone detenute, che ha inserito questa raccomandazione nella recente relazione al Parlamento. Il punto è che questo proposito si cala in un quadro che, denuncia il Sappe, vede ogni 9 giorni un detenuto uccidersi e ogni giorno 23 atti, in media, di autolesionismo e tre suicidi sventati. Di recente la Uilpa, che sta conducendo un'indagine sullo stress da lavoro degli agenti, ha diffuso dei dati, elaborati su cifre Dap-Ministero, da cui nel 2016 risultano 8.000 aggressioni, 10.000 casi di autolesionismo, 11 mila manifestazioni di protesta non collettiva con 2.190 detenuti che hanno provocato danni, mentre la carenza di agenti si attesta sul 26% con punte locali fino al 60-80%. Ed è di oggi un report del Servizio studi del Senato che indica come il sovraffollamento, in lieve ripresa, sia sopra la media nazionale in 10 regioni mentre dal 2008 le presenze sono sempre state sopra la capienza regolamentare. I numeri sono una spia e il dossier ne segnala un altro sintomatico. Le donne sono circa il 5% della popolazione carceraria, ma la loro condizione detentiva è peggiore degli uomini: le sezioni femminili rischiano di essere "reparti marginali", con "meno spazio vitale e meno strutture" e le attività trattamentali risentono di "una visione stereotipata" con le donne relegate ai lavori sartoriali o culinari" riservando agli uomini informatica e tipografia.