Lunedì 23 Dicembre 2024

L'Austria punta a uscire dai piani Ue di ricollocamento dei migranti

BRUXELLES. L’Ungheria che accusa l’Italia di ricattare i Paesi dell’Europa centro-orientale sulle 'relocation'; l’Austria che dichiara di voler dare per ora il via libera all’accoglienza dei profughi da Italia e Grecia, salvo poi annunciare da Vienna che già al consiglio dei ministri di domani porterà una proposta per chiamarsi fuori da qualsiasi schema di ridistribuzione futuro: a due giorni dal successo del summit per celebrare i sessant'anni della firma dei Trattati di Roma, lo slancio unitario dimostrato dai 27 leader europei si spacca sul dossier migranti. L’agenda della riunione dei ministri dell’Interno Ue è fitta e disegnata in modo tale da evitare scontri, ma le vecchie distanze restano, ed emergono con forza ai margini dei lavori. Il capo del Viminale Marco Minniti schiva i giornalisti e lascia Bruxelles senza incontrarli, mentre il commissario europeo Dimitris Avramopoulos richiama ancora una volta gli Stati membri a rispettare gli impegni presi sui ricollocamenti. "Non ci sono più scuse», avverte il greco. Ma una delle sorprese della giornata è che in Italia i richiedenti asilo registrati e candidabili ai ricollocamenti sono solo 6.000, mentre in Grecia 20.000. «I numeri possono sempre aumentare», spiega Avramopoulos, che ai Paesi Ue chiede di accogliere 1.500 profughi al mese dall’Italia e 3.000 dalla Grecia. La cifra delle persone da ridistribuire dall’Italia - che fino ad oggi ha beneficiato solo di 4.400 trasferimenti sui 34.950 previsti entro settembre 2017 - «è bassa perché nel vostro Paese arrivano soprattutto migranti economici, e questo si somma con una certa lentezza delle procedure burocratiche», spiegano fonti europee. Intanto sulla ribalta di Bruxelles va in scena anche il dibattito in corso in Austria tra Popolari e Socialdemocratici. Il ministro dell’Interno Wolfgang Sobotka (Popolare) annuncia l'avvio dell’accoglienza dei migranti, mentre poche ore più tardi Vienna precisa che potrebbe varare già domani il ritiro da futuri piani decisi dalla Ue, su proposta del ministro della Difesa Hanz Doskozil (socialdemocratici). Sul fronte della revisione del regolamento di Dublino, le cose non vanno meglio. Alla riunione, il punto viene messo all’ordine del giorno, ma senza discussione, proprio per evitare le scintille. La presidenza di turno maltese si sta facendo in quattro per trovare un compromesso entro fine mandato, ma «sulla solidarietà non ci siamo ancora», è costretto ad ammettere il ministro dell’Interno della Valletta Carmelo Abela. «Facciamo del nostro meglio per raggiungere un accordo» conducendo incontri bilaterali a ritmi forsennati, «ma tocca anche agli Stati». I più duri restano Ungheria e Polonia. Domani Avramopoulos sarà a Budapest per discutere col governo di Viktor Orban della nuova legge che prevede la detenzione dei migranti, su cui Bruxelles dovrà dare la propria valutazione. Il portavoce del governo ungherese, Zoltan Kovacs, invece, ha colto l'occasione della sua visita a Roma per accusare l’Italia di "ricatto facendo pressione politica su di noi e sul resto dei Paesi dell’Europa centro-orientale», riferendosi all’approvazione del bilancio Ue.

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