CITTA' DEL VATICANO. L’Europa non può ridurre i suoi ideali a mere «necessità produttive, economiche e finanziarie», perché «non è un insieme di regole da osservare, non un prontuario di protocolli e procedure da seguire». L’Europa è vita, «valori» e deve mettere al centro l’uomo. L’appello di papa Francesco ai leader europei ricorda da vicino la battaglia che molti stati membri, Italia in testa, conducono da tempo nel tentativo di aprire un varco nel rigorismo nordeuropeo. Ed è diretto a un’Europa che sta per giocarsi la sua ultima chance: se i 27 non coglieranno l’occasione delle celebrazioni del 60esimo anniversario dei trattati di Roma per una sterzata che punti sul lavoro, sul sociale e sulla sicurezza, rischieranno una «morte lenta e dolorosa», come ha avvertito il presidente di turno Joseph Muscat. Lasciando campo libero ai populisti.
Per questo il premier Paolo Gentiloni ha ribadito con forza che «dal lavoro deve partire qualsiasi riflessione sul futuro», invitando l’Europa a non dividersi perché ci sono «milioni di poveri che interrogano le coscienze» e «di fronte a queste sfide abbiamo il dovere di individuare soluzioni comuni». D’accordo anche la cancelliera tedesca Angela Merkel: «Dobbiamo vivere in modo sostenibile - ha detto - creando il presupposto di avere più lavoro, produrre lavoro per i giovani» e per farlo «dobbiamo cercare la strada giusta». Ed ha aggiunto che «l'Italia negli ultimi anni ha fatto tantissimo».
Il Papa ha ricevuto i leader europei nella nella Sala regia del Palazzo Apostolico. E nel suo discorso ha toccato tutti i punti deboli di un’Europa in bilico, dall’emergenza migranti al rischio populismo, alla disoccupazione. L’Europa deve evitare la "tentazione di ridurre gli ideali fondativi dell’Unione alle necessità produttive, economiche e finanziarie», piuttosto deve puntare «ai valori», mettendo al centro «l'uomo», ha detto. E mettere al centro l’uomo significa anche non chiudere gli occhi di fronte a chi ha bisogno di aiuto. Se nell’Europa delle origini si voleva «veder cadere i segni di una forzata inimicizia - ha spiegato Francesco - ora si discute di come lasciare fuori i 'pericolì del nostro tempo: a partire dalla lunga colonna di donne, uomini e bambini, in fuga da guerra e povertà, che chiedono solo la possibilità di un avvenire per sé e per i propri cari». Eppure l’Europa ha conosciuto bene il "dramma dei muri», si è adoperata «con fatica» per farli cadere, ma «oggi - ha avvertito il Papa - si è persa memoria della fatica». E poi i populismi, che nascono dall’egoismo e possono essere combattuti solo con la solidarietà. Ma per far ciò bisogna «ricominciare a pensare in modo europeo» e «alla politica spetta tale leadership ideale, che eviti di far leva sulle emozioni per guadagnare consenso».
L’impresa più ardua per i 27, con Francia e Germania in campagna elettorale, l’avvio dei negoziati per la Brexit, la Grecia che scalpita per ottenere un’apertura sul debito e i paesi Visegrad (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia) che non vogliono modificare il regolamento di Dublino sull'asilo. E poi la Polonia, contraria all’Europa a due velocità, che fino all’ultimo ha minacciato di non firmare la 'Dichiarazione di Romà, salvo poi alla fine, grazie ad un’ulteriore limatura della bozza, dire di sì «perché comprende tutte le proposte» di Varsavia.
Un’Europa in bilico e incompleta che deve riuscire a prendere delle decisioni, come ha spiegato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. «Alla costruzione europea mancano pezzi», ha detto, e «va completata. Diversamente l’equilibrio instabile, che la caratterizza, non potrà durare». Resta da vedere se ci riuscirà.
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