BRINDISI. E’ finita al Cie di Brindisi dopo aver perso il lavoro, e con esso, da tre anni, il permesso di soggiorno. Adriana, trans brasiliana da 17 anni in Italia, è però detenuta nel reparto maschile e ha cominciato da otto giorni lo sciopero della fame per essere trasferita perché teme per la sua incolumità. La sua situazione è stata denunciata dal Mit (movimento identità transessuale) e da Sinistra Italiana che, lunedì, presenterà un’interrogazione al governo.
«Adriana - spiega Cathy La Torre, legale del Mit e componente della segreteria di Sinistra italiana - è al Cie di Brindisi dal 21 febbraio, e si trova in mezzo a centinaia di uomini, correndo ogni istante evidenti rischi di violenze. Abita in Puglia ed è stata prelevata da un albergo dove si trovava con il suo fidanzato. Proviene da una zona pericolosa del Brasile, dove ogni anno vengono uccisi 200 trans. Vogliamo che della questione si interessi il ministro della Giustizia e il Dap, perché Adriana passa 23 ore al giorno in cella per proteggersi. Abbiamo scritto al prefetto di Brindisi che ha detto di aver chiesto il suo trasferimento: il problema è che al Cie di Brindisi non esiste un reparto femminile. E non le viene somministrata nemmeno la terapia ormonale, perché non c'è nessuno che può prescrivergliela. Per risolvere questa situazione basterebbe una circolare ministeriale».
Nei prossimi giorni, oltre al coinvolgimento del governo con un’interrogazione parlamentale, il Mit farà altre iniziative per chiedere la soluzione della situazione di Adriana e per sensibilizzare le istituzione sul tema.
Intanto, non sono mancate le reazioni politiche. «Quali sono i diritti di una persona trans quando si trova rinchiusa in un luogo di reclusione - scrive Nichi Vendola sul suo blog dell’Huffington Post -, Quanto conta la sua vita, quanto pesa la sua storia, quanto vale la sua dignità? Se ne avessi il potere, vorrei su questo specifico argomento interrogare i ministri competenti, Marco Minniti e Andrea Orlando».
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