ROMA. Una lunga treccia di capelli castani, le braccia spalancate mentre è sulle spalle di un poliziotto. È questa la prima immagine, di spalle, di Emma Houda, atterrata questa sera a Malpensa, a sei anni circa di distanza dal giorno in cui suo padre la rapì per portarla in Siria, per fare dispetto alla madre della bimba, Alice Rossini, residente in provincia di Monza.
L’istantanea è stata pubblicata in rete dalla Polizia di Stato, tramite Facebook. «Era entrata nelle case di tutti gli italiani la storia di Alice Rossini, la mamma che non vedeva la propria figlia da oltre cinque anni» scrive la Polizia nel post allegato all’immagine, «la piccola era stata sottratta dal padre, un cittadino siriano, che aveva deciso di portarla nel suo Paese natale per farla crescere ed educarla in quella nazione».
Poi il post prosegue «Ieri gli uomini del Servizio per la cooperazione internazionale di polizia della Direzione centrale della Polizia criminale, dopo un lungo lavoro con le autorità turche, quelle siriane e grazie all’impegno dell’Ambasciata italiana ad Ankara, hanno preso in consegna la bambina, al confine turco-siriano, dalle mani dei parenti di suo padre».
Il 21 novembre scorso Mohamed Kharat, padre della bambina, siriano di 40 anni, è stato arrestato e consegnato all’Interpol in Turchia, da dove tre mesi dopo è stato espulso e inviato in Grecia, ultimo paese dove era stato identificato. Dalla Grecia, in esecuzione di un mandato di cattura europeo, l’uomo è stato estradato in Italia. Dal 12 febbraio scorso è detenuto nel carcere di Rebibbia.
Il rientro in Italia della piccola Houda Emma «è stato possibile grazie all’eccellente collaborazione con la Turchia: le autorità turche, infatti, consapevoli della valenza umanitaria della vicenda, hanno facilitato l’arrivo dalla Siria e il transito in Turchia della piccola Houda Emma. Questa sera intanto Houda Emma verrà riabbracciata dalla sua mamma». Lo ha detto il ministro degli Esteri Angelino Alfano.
«Grazie, dunque, di cuore - ha concluso - alle autorità turche e a tutte le strutture dello Stato italiano, che hanno reso possibile questo abbraccio».
«In tutti questi anni - ha aggiunto Alfano - il Ministero degli Affari Esteri e il Ministero dell’Interno, in stretto contatto con l’Autorità Centrale Italiana presso il Dipartimento della Giustizia Minorile del Ministero della Giustizia, hanno lavorato, senza sosta ma silenziosamente, per giungere al risultato di oggi». Risultato, ha concluso, «che sarà confermato dall’esame del DNA, da effettuare in Italia, a conclusione dell’iter della procedura di riconoscimento».
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