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Sarah Scazzi: ergastolo per Sabrina e Cosima, 8 anni a zio Michele

ROMA. Quando poco dopo le 16 i carabinieri entrano nella villetta di Avetrana a notificargli l'ordine di carcerazione, per scontare la pena per la soppressione del cadavere della nipotina, Michele Misseri si dispera ancora. «Due innocenti sono in carcere», ripete ormai da anni.

Eppure Sabrina e Cosima, sua figlia e sua moglie, che lui stesso ha inizialmente additato, e a cui ora chiede «perdono», in tutti i gradi di giudizio sono state ritenute colpevoli. Tutti i giudici davanti ai quali il caso è passato non hanno avuto dubbi: hanno ucciso loro Sarah Scazzi, e sconteranno l'ergastolo.

La difesa delle due donne, rappresentata dal principe del foro Franco Coppi e dal suo braccio destro, Roberto Borgogno, ha provato, senza riuscire, a insinuare nel collegio della Cassazione il dubbio, secondo i legali una certezza, che sia stato il contadino di Avetrana a uccidere quella ragazzina dai capelli biondi, che per 42 giorni la madre Concetta ha cercato invano. E per il più bieco dei motivi.

«Il movente è sessuale», aveva scandito Coppi in aula e l'assassino è un reo confesso, zio Michele. Il verdetto finale è arrivato dopo una notte di attesa, la più lunga per le due donne rinchiuse in carcere a Taranto. Mentre il presidente della prima sezione penale della Cassazione, Arturo Cortese, legge il dispositivo della sentenza («annullamento senza rinvio...») il dubbio sembra materilizzarsi. Non è, però, un'assoluzione secca, per la quale quella sarebbe stata la formula di rito. È solo un piccolissimo sconto, di qualche settimana, di isolamento diurno. L'ergastolo è confermato. Così come è confermata la pena di Michele Misseri, che non è dunque l'assassino, ma colui che ha cercato di far sparire il corpo, con l'aiuto di suo fratello Carmine, per coprire il delitto, salvo poi pentirsi e farlo ritrovare.

È stato un omicidio d'impeto, come riconosciuto dai giudici di Taranto di primo e secondo grado, che hanno condiviso la ricostruzione della procura. Frutto, come è scritto nella sentenza d'appello della gelosia di Sabrina per la cugina, e di un «autonomo risentimento» da parte di Cosima.

Sarah Scazzi il pomeriggio del 26 agosto di sei anni fa, si recò nella villetta dei Misseri, in via Deledda, ebbe una prima lite con Sabrina e Cosima, poi cercò di fuggire ma fu raggiunta in strada e riportata in casa, dove fu strangolata e uccisa dalle due donne; quindi il corpo fu portato nel garage e poi trasportato in auto nel pozzo-cisterna di contrada Mosca, come ha ricostruito anche ieri l'accusa in Cassazione, rappresentata dal sostituto pg Fulvio Baldi. Con le motivazione, che la suprema corte depositerà presumibilmente solo tra qualche mese (in appello i giudici hanno impiegato oltre un anno) si conosceranno i punti fermi del giudizio di legittimità. Ai giudici e agli inquirenti va il ringraziamento della famiglia Scazzi.

«Sarah ha ricevuto giustizia», dice il fratello travolto dalle telecamere sulle scale del Palazzaccio, «grazie a chi ha lavorato per anni, persone fortemente motivate». Ora Concetta, rimasta a casa ad aspettare la sentenza che inchioda la sorella e la nipote, «potrà trovare pace», come dice l'avvocato di parte civile, Walter Biscotti.

Cosima e Sabrina, secondo l'avvocato Borgogno, «sono due sventurate, combatteremo fino alla fine perchè è una battaglia per la giustizia: è un enorme errore giudiziario. Rimaniamo convinti - ha detto - che c'è un colpevole, Michele Misseri, e due innocenti che stanno scontando la pena al suo posto». Il processo per il delitto nella villetta degli orrori si chiude con altre tre condanne: quella a Carmine Misseri a 4 anni e 11 mesi (per lui sconto di pena di un anno), Vito Russo junior e Giuseppe Nigro, entrambi condannati a un anno e quattro mesi per favoreggiamento personale.

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