ROMA. Il rapporto tra Gianfranco Fini e Francesco Corallo - il 're delle slot' da dicembre in carcere per un'evasione da centinaia di milioni e figlio di Gaetano, ritenuto il 'cassiere' del clan Santapaola - sarebbe alla base del patrimonio dei Tulliani, suocero, cognato e moglie di Fini, oltre 7 milioni di euro.
Una "contiguità" durata almeno fino al 2009 e che ha visto l'imprenditore partecipare anche al compleanno delle figlia di Fini nell'appartamento privato dell'allora presidente della Camera dei Deputati. E sarebbe proprio quel rapporto che ha spinto Corallo, "il titolare di un' impresa colossale", a fare operazioni finanziarie e immobiliari assolutamente in perdita, tra cui l'acquisto della ormai famosa casa di Montecarlo, con i Tulliani, "una famiglia della piccolissima borghesia romana".
L'ex vice premier ed ex presidente della Camera finisce nel registro degli indagati della procura di Roma con l'accusa di concorso in riciclaggio: dalle perquisizioni effettuate della Guardia di Finanza in occasione degli arresti, e dai conseguenti accertamenti bancari e finanziari, sarebbero emerse infatti nuove condotte illecite compite dai Tulliani e dallo stesso Fini.
"L'avviso di garanzia è un atto dovuto - ha commentato - ho fiducia nell'operato della magistratura, ieri come oggi". Nei confronti di Sergio, Giancarlo ed Elisabetta il Gip ha disposto il sequestro di conti correnti e immobili per un valore di circa 5 milioni. Ma l'obiettivo è ora capire cosa leghi Corallo a Fini.
O meglio, come scrive il gip, "quale era l'interesse di Corallo a coltivare così intensamente i Tulliani" e a fare con loro "considerevoli affari?". Dice infatti il giudice che è "riduttivo credere che la vicenda si sostanzi nell'acquisto della casa di Montecarlo". La questione, piuttosto, "è molto più ampia" e "stupisce davvero che un imprenditore del calibro e delle dimensioni di Corallo si attivi senza risparmio di risorse, economiche, tecniche, finanziarie, per diventare socio dei Tulliani".
Una chiave di lettura la offre nell'interrogatorio Amedeo Labocetta, uomo di fiducia di Corallo, arrestato anche lui a dicembre. L'ex An, riporta il Gip, mette infatti a verbale: che Fini aveva conosciuto Corallo nel luglio 2004, quando era vicepremier, in una vacanza di due settimane ai Caraibi a spese dell'imprenditore; che "su sua indicazione Proietti Cosimi (ex braccio destro di Fini, ndr) era intervenuto presso il direttore dei Monopoli per revocare una diffida a Corallo nel 2005"; che due anni dopo "aveva chiesto a Labocetta che Corallo acquisisse un immobile di cui era intermediario Giancarlo Tulliani, che lo stesso Labocetta definisce fatiscente".
E dopo tutte queste "sollecitazioni", prosegue il Gip, Corallo si attiva, pagando la casa di Montecarlo ed eseguendo una serie di bonifici alle società off shore dei Tulliani. Circa due milioni che sarebbero serviti per consentire ai familiari di Fini, secondo la ricostruzione della procura, di acquistare un pacchetto azionario pari al 10% delle società dello stesso Corallo. La prova di tutto ciò, gli investigatori la trovano nel pc di Giancarlo Tulliani nella perquisizione di dicembre 2016.
"Un affare inusitato - scrive il giudice - connotato da sproporzione tra le somme e il valore dell'acquisizione". Il progetto societario decade, ma nel 2009 Corallo fa un ulteriore bonifico di 2,4 milioni sul conto di Sergio Tulliani, "un impiegato dell'Enel in pensione non molto credibile come lobbysta". Perché? il Gip avanza una spiegazione: il versamento è infatti successivo all'abbandono del del progetto di società "ma antecedente al decreto 78/2009 che ha offerto cospicui vantaggi a Corallo, offrendogli la possibilità di offrire in pegno i diritti sulle Vtl ed ottenere un finanziamento per Atlantis/Bplus di 150 milioni".
Di tutto questo, sostengono gli inquirenti, i Tulliani "erano consapevoli". Tanto che "quando Corallo esce di scena, svaniscono le società off shore e le movimentazioni transcontinentali" e iniziano "operazioni che lasciano tracce grossolane: il padre effettua bonifici alla figlia o al figlio, consente al figlio operazioni di reimpiego titoli, i due fratelli vendono l'alloggio di Montecarlo già provento di riciclaggio, ripartendosi i proventi, appena in tempo per ricadere in pieno regime di incriminazione per autoriciclaggio".
Ed ancora: "le operazioni sono da persona fisica a persona fisica" e non si intravedono menti finanziarie raffinate; "i contegni, basici, rispondono a bisogni primari: la casa per sé la casa da affittare. Cessate le aspirazioni internazionali, si delinea la piccola delinquenza finanziaria ruotiniera".
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