L'AQUILA. Soccorritori reduci dal gelo della tragedia del crollo dell'hotel di Rigopiano in Abruzzo, volavano su una rotta collaudata a bordo di un elicottero del 118 per un intervento molto meno complesso, il recupero di uno sciatore ferito. Ma dove non sono riusciti il terremoto, la slavina e il gelo, stavolta a uccidere molto probabilmente è stata la nebbia.
Ad accertarlo sarà l'inchiesta già aperta dalla procura della Repubblica sulla caduta del velivolo che, intorno a mezzogiorno, si è schiantato su Monte Cefalone, a circa 2 mila metri di quota, nel territorio comunale di Lucoli (L'Aquila).
A perdere la vita tutti e sei gli occupanti: cinque membri dell' equipaggio, Walter Bucci, medico, Giuseppe Serpetti, infermiere, Davide De Carolis, tecnico dell'elisoccorso del Soccorso alpino, aquilani; Mario Matrella, tecnico di volo, foggiano, Gianmarco Zavoli, pilota, riminese. E anche lo sfortunato turista Ettore Palanca, romano.
Il velivolo, un Aw 139 partito dall'Aquila, avrebbe lanciato il segnale di crash mentre si trovava nella frazione di Casamaina. Gli accertamenti della Procura punteranno a verificarlo attraverso l'acquisizione della scatola nera, già domani, tempo permettendo, con una nuova salita in quota.
Alcuni testimoni hanno anche riferito di aver sentito un boato, tra questi il sindaco di Lucoli, Gian Luca Marrocchi, che ha dichiarato di aver «visto l'elicottero che volava davvero a bassa quota, e poi si è infilato nella nebbia». «Quando è tornato indietro ho prestato attenzione poi ho sentito un botto, un forte rumore, penso l'impatto con la montagna e ho chiamato subito il 118», ha detto Loris Fucetola, istruttore di fondo, che ha dato l' allarme. Immediata è scattata la macchina dei soccorsi, resi ancora più complicati dalla nebbia e dal vento.
Tante autoambulanze, alcune condotte da colleghi del 118 con le quali le vittime dell' elicottero avevano condiviso ore di angoscia e di fatica insonne alla ricerca dei dispersi di Rigopiano. E poi auto e fuoristrada del Soccorso alpino e speleologico, del Soccorso alpino della Guardia di finanza, Vigili del fuoco, Carabinieri, Polizia, Esercito, Carabinieri forestali e Protezione civile.
Al punto dell'incidente si sono arrampicate squadre a piedi di soccorritori, nell'unico modo possibile per raggiungere la zona impervia dove si trova il relitto, con una pendenza vicina al 100% e il suolo è inclinato di 45 gradi. Subito dopo due gatti delle nevi della stazione sciistica hanno cercato di inerpicarsi per arrivare il più vicino possibile, fermandosi ogni volta a metà strada.
Lì è cominciato un lento e rischioso trasporto in discesa delle salme sulle barelle, nuovamente a piedi. Solo poco dopo le 16 il recupero dei sei corpi si è concluso e le squadre sono potute tornare in strada, con la fila di autoambulanze che si è diretta verso l'ospedale 'San Salvatorè dell'Aquila.
La zona, per quanto impervia, è formalmente sotto sequestro e viene presidiata dalla strada, la statale 696, da una autopattuglia. «Lo schianto c'è stato una manciata di minuti dopo il decollo. L'elicottero era atterrato, non aveva neanche spento le pale, ha caricato il ferito ed è decollato di nuovo. Poi la tragedia», ha spiegato Andrea Lallini, il gestore delle piste di sci.
«La visibilità quando siamo arrivati era a circa 20 metri, che con queste condizioni di innevamento sono praticamente nulla: si ha difficoltà a capire l'orizzonte, se si stia in salita e in discesa. Abbiamo avuto molte difficoltà a localizzare il relitto», ha raccontato Paolo Passalacqua, maresciallo della Guardia di finanza comandante del Soccorso alpino dell'Aquila, tra i primissimi ad arrivare sul posto.
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