RIGOPIANO. Non si fermano le ricerche nell'area dove fino a mercoledì scorso sorgeva l'hotel Rigopiano. A cinque giorni dalla valanga che lo ha travolto si spera ancora di trovare in vita qualcuno in qualche "sacca d'aria" tra neve, detriti e strutture dell'albergo.
Il bilancio provvisorio del disastro è di 11 sopravvissuti, 6 morti - l'ultimo individuato ieri - e 23 dispersi.
Le operazioni di soccorso con decine di uomini sono proseguite anche la scorsa notte, nonostante la pioggia che anche stamani continua a cadere sulla zona.
Oggi rientra il team 'Usar Medium' dei vigili del fuoco della Toscana finora impegnato nelle ricerche all'hotel Rigopiano, e sarà sostituito per il cambio dall'analogo team del Veneto. Lo si apprende dal comando regionale dei vigili del fuoco della Toscana.
Il team 'Usar medium' Toscana intervenuto nelle operazioni di soccorso è formato da personale dei comandi provinciali di Firenze e Pisa.
E intanto da alcuni documenti, evidenziati dal Forum H2O Abruzzo, risulta che l'hotel Rigopiano è stato costruito sopra colate e accumuli di detriti preesistenti compresi quelli da valanghe. Lo testimonia la mappa Geomorfologica dei bacini idrografici della Regione Abruzzo sin dal 1991, ripresa e confermata nel 2007 dalla mappa del Piano di Assetto Idrogeologico della Giunta Regionale.
Secondo quanto documenta il Forum H2O la mappa evidenzia nel sito 'conoidi di deiezione!, ossia «un'area rialzata formata proprio dai detriti che arrivano dal canalone a monte dell'albergo. Insomma, come stare proprio lungo la canna di un fucile che poi è stato caricato ed ha sparato».
La mappa regionale, del Piano stralcio di bacino per l'assetto idrogeologico del 2007 che conferma quella del 1991, è la 350 Ovest rintracciabile sul sito della Regione. Si vedono tre segni grafici verdi a forma di cono che convergono verso l'area dell'albergo, e rappresentano il movimento di flussi di materiale che nel tempo si è accumulato alla base del canalone.
Già dagli anni 50 si ha memoria di una struttura di rifugio, ma l'hotel è costruito negli anni 70, ed ingrandito dopo il 2000. «Il fatto che ci fosse prima una struttura più piccola non vuol dire granchè - spiega Augusto De Sanctis, del Forum - perchè i tempi di ritorno di questi fenomeni estremi possono essere più lunghi di qualche decina di anni.
Un pò come avviene per le piene dei fiumi, ci sono gli eventi che mediamente avvengono ogni 50 anni, quelli più importanti che avvengono ogni 100 anni e poi quelli estremi che possono avvenire ogni 500 anni e che raggiungono aree inusitate. Le carte del rischio tengono appunto conto di questa periodicità perimetrando aree sempre più vaste al crescere del tempo di ritorno.
I geologi identificano le aree di rischio non solo attraverso gli eventi già noti, riportati nel catasto di frane e valanghe, ma anche e soprattutto su alcune caratteristiche specifiche del terreno a cui ricollegano il tipo di eventi che può verificarsi. E lì questi segnali dovevano essere evidentissimi, come spiegano queste mappe ufficiali». L'esistenza di una mappa conoscitiva però, ad avviso di De Sanctis, non si è tradotta «per omissione della Regione in una mappa del rischio valanghe che era prevista dalla legge 47/92, cioè 25 anni fa.
La legge prevede per le aree a rischio accertate o potenziali o l'inedificabilità o per strutture esistenti il divieto di uso invernale. Non è stato fatto un Piano Valanghe, ma comunque - continua l'esponente del Forum - nel percorso di ristrutturazione dell'hotel si doveva evidenziare il contesto di rischio e agire di conseguenza, come prevede il Decreto 11/03/1988 dal titolo evocativo "Norme tecniche riguardanti le indagini sui terreni e sulle rocce, la stabilità dei pendii naturali e delle scarpate, i criteri generali e le prescrizioni per la progettazione, l'esecuzione e il collaudo delle opere di sostegno delle terre e delle opere di fondazione. Istruzioni per l'applicazione».
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