ROMA. La procura di Roma ha chiuso l'inchiesta bis sulla morte di Stefano Cucchi (22 ottobre 2009) e ha contestato l'accusa di omicidio preterintenzionale ai tre carabinieri che lo arrestarono il 15 ottobre.
I tre sono ritenuti responsabili del pestaggio del giovane geometra. Per altri due carabinieri sono ipotizzati i reati di calunnia e di falso.
L'accusa di omicidio preterintenzionale è contestata ad Alessio Di Bernardo, Raffaele D'Alessandro e Francesco Tedesco, carabinieri in servizio, all'epoca dei fatti, presso il Comando Stazione di Roma Appia, che procedettero all'arresto di Stefano Cucchi in flagranza di di reato per detenzione di droga. Tedesco è accusato anche di falso.
A Roberto Mandolini, comandante Interinale della stessa stazione di Roma Appia sono attribuiti i reati di calunnia e falso. Accusa di calunnia anche per lo stesso Tedesco, e per Vincenzo Nicolardi, anch'egli militare dell'Arma.
Stefano Cucchi fu colpito dai tre carabinieri che lo avevano arrestato con «schiaffi, pugni e calci». Lo scrivono il procuratore della repubblica Giuseppe Pignatone ed il sostituto Giovanni Musarò nell'avviso di chiusura indagine. Le botte, per l'accusa, provocarono «una rovinosa caduta con impatto al suolo in regione sacrale» che «unitamente alla condotta omissiva dei sanitari che avevano in cura Cucchi presso la struttura protetta dell'ospedale Sandro Pertini, ne determinavano la morte».
L'attacco epilettico del quale è stato vittima Stefano Cucchi nei giorni di detenzione dopo il suo arresto, citato in una perizia fatta in incidente probatorio, non figura tra le cause che ne hanno causato il decesso. Nella perizia svolta dal professore Francesco Introna, su incarico del gip, si faceva invece riferimento ad un attacco epilettico come una probabile causa della morte del giovane.
Persone:
Caricamento commenti
Commenta la notizia