CITTÀ DEL VATICANO. I magi, venuti ad «adorare il re neonato» dopo aver visto la stella, «esprimono il ritratto dell'uomo credente, dell'uomo che ha nostalgia di Dio; di chi sente la mancanza della propria casa, la patria celeste». Così papa Francesco durante la messa in San Pietro per la solennità dell'Epifania. Parlando della «nostalgia di Dio» che devono sentire i credenti, papa Francesco ha utilizzato un neologismo: «nostalgioso». «Il credente 'nostalgioso', spinto dalla sua fede - ha detto il Pontefice argentino -, va in cerca di Dio, come i magi, nei luoghi più reconditi della storia, perchè sa in cuor suo che là lo aspetta il suo Signore. Va in periferia, in frontiera, nei luoghi non evangelizzati, per potersi incontrare col suo Signore; e non lo fa affatto con un atteggiamento di superiorità, lo fa come un mendicante che non può ignorare gli occhi di colui per il quale la Buona Notizia è ancora un terreno da esplorare».
I re magi «riflettono l'immagine di tutti gli uomini che nella loro vita non si sono lasciati anestetizzare il cuore», ha spiegato nell'omelia. Secondo il Pontefice, «la santa nostalgia di Dio scaturisce nel cuore credente perché sa che il Vangelo non è un avvenimento del passato ma del presente. La santa nostalgia di Dio ci permette di tenere gli occhi aperti davanti a tutti i tentativi di ridurre e di impoverire la vita. La santa nostalgia di Dio è la memoria credente che si ribella di fronte a tanti profeti di sventura».
«Questa nostalgia - ha aggiunto Francesco - è quella che mantiene viva la speranza della comunità credente che, di settimana in settimana, implora dicendo: 'Vieni, Signore Gesù!'». Il Papa ha spiegato che «la nostalgia di Dio ci tira fuori dai nostri recinti deterministici, quelli che ci inducono a pensare che nulla può cambiare». «La nostalgia di Dio - ha proseguito - è l'atteggiamento che rompe i noiosi conformismi e spinge ad impegnarci per quel cambiamento a cui aneliamo e di cui abbiamo bisogno. La nostalgia di Dio ha le sue radici nel passato ma non si ferma lì: va in cerca del futuro». «Il credente "nostalgioso" - ha detto con un neologismo -, spinto dalla sua fede, va in cerca di Dio, come i magi, nei luoghi più reconditi della storia, perchè sa in cuor suo che là lo aspetta il suo Signore. Va in periferia, in frontiera, nei luoghi non evangelizzati, per potersi incontrare col suo Signore; e non lo fa affatto con un atteggiamento di superiorità, lo fa come un mendicante che non può ignorare gli occhi di colui per il quale la Buona Notizia è ancora un terreno da esplorare».
Francesco ha contrapposto questo atteggiamento a quello di Erode che, «mentre i magi camminavano», «dormiva sotto l'anestesia di una coscienza cauterizzata», e «rimase sconcertato. Ebbe paura» davanti «alla novità che rivoluziona la storia». È «lo sconcerto di chi sta seduto sulla sua ricchezza senza riuscire a vedere oltre - ha sottolineato il Pontefice -. Uno sconcerto che nasce nel cuore di chi vuole controllare tutto e tutti. È lo sconcerto di chi è immerso nella cultura del vincere a tutti i costi; in quella cultura dove c'è spazio solo per i 'vincitori' e a qualunque prezzo». Uno sconcerto. ha aggiunto, «che nasce dalla paura e dal timore davanti a ciò che ci interroga e mette a rischio le nostre sicurezze e verità, i nostri modi di attaccarci al mondo e alla vita. E così Erode ebbe paura, e quella paura lo condusse a cercare sicurezza nel crimine». «Uccide i bambini nel corpo perché a lui lo uccide la paura nel cuore», ha concluso.
I magi «vennero dall'Oriente per adorare, e vennero a farlo nel luogo proprio di un re: il Palazzo», perchè «è proprio di un Re nascere in un palazzo, e avere la sua corte e i suoi sudditi. È segno di potere, di successo, di vita riuscita - ha spiegato ancora papa Francesco -. E ci si può attendere che il re sia venerato, temuto e adulato, sì; ma non necessariamente amato».
«Questi sono gli schemi mondani, i piccoli idoli a cui rendiamo culto: il culto del potere, dell'apparenza e della superiorità. Idoli che promettono solo tristezza, schiavitù, paura», ha sottolineato il Pontefice. Ma i magi dovettero «scoprire che ciò che cercavano non era nel Palazzo ma si trovava in un altro luogo, non solo geografico ma esistenziale. Lì non vedevano la stella che li conduceva a scoprire un Dio che vuole essere amato, e ciò è possibile solamente sotto il segno della libertà e non della tirannia; scoprire che lo sguardo di questo Re sconosciuto - ma desiderato - non umilia, non schiavizza, non imprigiona».
«Scoprire - ha detto ancora Francesco - che lo sguardo di Dio rialza, perdona, guarisce. Scoprire che Dio ha voluto nascere là dove non lo aspettavamo, dove forse non lo vogliamo. O dove tante volte lo neghiamo. Scoprire che nello sguardo di Dio c'è posto per i feriti, gli affaticati, i maltrattati e gli abbandonati: che la sua forza e il suo potere si chiama misericordia. Com'è lontana, per alcuni, Gerusalemme da Betlemme!». Per il Papa, «Erode non può adorare perchè non ha voluto nè potuto cambiare il suo sguardo. Non ha voluto smettere di rendere culto a sè stesso credendo che tutto cominciava e finiva con lui. Non ha potuto adorare perchè il suo scopo era che adorassero lui». «Nemmeno i sacerdoti - ha concluso - hanno potuto adorare perchè sapevano molto, conoscevano le profezie, ma non erano disposti nè a camminare nè a cambiare».
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