Domenica 22 Dicembre 2024

Suicida dopo la diffusione del video hard sul web, il tribunale: Facebook doveva rimuoverlo

Tiziana Cantone

CASERTA. Facebook avrebbe dovuto rimuovere immediatamente i link e le informazioni relativi a Tiziana - la 31 enne di Mugnano (Napoli) morta suicidatasi il 13 settembre  dopo la diffusione sul web di video hard che la ritraevano - una volta che ne era emersa l'illiceità dei contenuti, e senza attendere un preciso ordine dell'autorità amministrativa o giudiziaria. È quanto ha stabilito con un' ordinanza destinata a fare giurisprudenza nel conflitto tra il diritto alla privacy e la libertà degli utenti di internet, il Tribunale Civile di Napoli Nord (collegio presieduto da Marcello Sinisi) che ha parzialmente rigettato il reclamo di Facebook Ireland, accogliendo le ragioni della madre di Tiziana, Teresa Giglio. I legali del social network avevano presentato reclamo contro l'ordinanza emessa il 10 agosto scorso del giudice civile Monica Marrazzo, alla quale si era rivolta Tiziana quando era ancora in vita, che aveva disposto l' obbligo di alcuni social, tra i quali Facebook, a rimuovere video e commenti relativi alla 31enne. Una decisione che arriva, peraltro, proprio nel giorno in cui a Monaco, per la prima volta, la magistratura ha indagato i vertici di Facebook, tra cui il fondatore Mark Zuckerberg, per la mancata rimozione di contenuti criminali come minacce e negazioni del genocidio ebraico. Al momento del deposito dell'ordinanza del giudice di Napoli tre link che permettevano l'accesso ai video hot di Tiziana erano stati rimossi da Facebook dopo le pressanti richieste della ragazza, mentre un quarto, denominato «Tiziana sei tutti noi», era ancora attivo, ma per gli avvocati della società «non presentava contenuti a sfondo sessuale», nè «profili di illiceità». Di diverso parere il Tribunale di Napoli Nord, che ha invece censurato Facebook per il passato, stabilendo «la sussistenza della responsabilità per le informazioni oggetto di memorizzazione durevole o di 'hosting', laddove - come avvenuto nel caso di specie - il provider sia effettivamente venuto a conoscenza del fatto che l'informazione è illecita e non si sia attivato per impedire l'ulteriore diffusione della stessa». In futuro il Tribunale ha disposto che Facebook non potrà più caricare sulla propria piattaforma i quattro link dei filmati relativi a Tiziana. I giudici hanno accolto invece la parte del reclamo presentato dai legali del social network, affermando che non sussiste «un generale obbligo di sorveglianza ovvero un obbligo generale di ricercare attivamente fatti o circostanze che indichino la presenza di attività illecite». Su questo punto Facebook concorda. «Accogliamo questa decisione - dice infatti un portavoce - perchè chiarisce che gli 'hosting providers' non sono tenuti al monitoraggio proattivo dei contenuti. Non tolleriamo contenuti che mostrino nudità o prendano di mira le persone per denigrarle. Contenuti come questi vengono rimossi non appena ne veniamo a conoscenza. Siamo profondamente addolorati per la tragica morte di Tiziana e confermiamo il nostro impegno a lavorare con autorità locali, esperti e Ong per evitare che accada di nuovo». «È una pronuncia molto equilibrata - ha commenta Andrea Orefice, legale della madre di Tiziana - perchè introduce il principio, rigettando quanto asseriva Facebook, secondo cui un hosting provider deve rimuovere le informazioni illecite, quando arriva la segnalazione di un utente, come nel caso di Tiziana. E non deve attendere che sia il Garante della Privacy oppure il giudice ad ordinargliene la rimozione». «Facebook - ha aggiunto l' avvocato Orefice - ha ora l'obbligo morale di fornire tutti gli elementi utili a individuare le generalità di quelle persone che, nascoste dietro falsi profili, hanno aperto le pagine su cui sono state caricati quei contenuti diffamatori, link, video e commenti offensivi, che hanno contribuito a creare la gogna mediatica che ha determinato in Tiziana quello stato di prostrazione che l'ha portata alla morte». Il tribunale ha poi deciso la compensazione di parte delle spese legali (1/3) condannando per il resto - oltre 8 mila euro - Facebook a corrisponderle alla madre di Tiziana ed ai suoi legali.

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