ROMA. Intervento di soccorso del team Moas-Croce Rossa Italiana nel Canale di Sicilia: 113 persone sono state recuperate su un gommone in difficoltà. I superstiti hanno riferito di 17 dispersi, tra i quali anche un bimbo nigeriano di soli tre anni.
La madre del bimbo, salva a bordo della nave Moas, lo cerca ancora disperatamente. La donna ha raccontato al team dei soccorritori di essere finita in acqua assieme al figlio a causa del mare mosso e del gommone troppo affollato: lei non è riuscita ad afferrarlo per tenerlo a galla.
Dal momento che il figlio indossava un giubbotto di salvataggio, la madre, in stato di shock, spera che venga ritrovato vivo. Tra gli altri superstiti, riferisce la Cri, un ragazzo racconta di essersi imbarcato assieme a 5 amici, di cui adesso non sa più nulla; mentre un altro uomo ha raccontato all'equipaggio di aver visto annegare una ragazza di circa 16 anni prima che arrivassero i soccorsi.
L'operazione di salvataggio è partita in seguito ad una segnalazione arrivata alle 19 di ieri sera. Solo alle 21.20, i droni d'avvistamento a bordo di Phoenix hanno individuato il gommone in difficoltà e, in collaborazione con le altre ong di ricerca e soccorso presenti nell'area, hanno subito lanciato le operazioni di salvataggio.
Grazie alla cooperazione con gli equipaggi di Proactiva Open Arms, Jugend Rettet e Boat Refugee Foundation, il team di Moas ha trasferito a bordo tutti i sopravvissuti. Le operazioni di ricerca dei superstiti sono state interrotte poco dopo a causa del persistere del cattivo tempo. Tuttora non è possibile accertare il numero dei dispersi.
Il gommone era partito dalle coste attorno a Sabrata, sulla costa libica, alle 14 di ieri pomeriggio. Di conseguenza, nel momento del soccorso le persone a bordo si trovavano in mare già da diverse ore. Molti dei sopravvissuti a bordo di Phoenix presentano varie ustioni su diverse parti del corpo, causate dallo sfregamento dei corpi bagnati dall'acqua salata con i vestiti impregnati dal carburante fuoriuscito dal motore.
In particolare le donne, che a differenza degli uomini non hanno potuto sfilarsi i vestiti pieni di carburante per pudore, presentano ustioni su varie parti del corpo. Una di loro ha ustioni di primo grado sul 36% del corpo. "Anche la presenza nel mar Mediterraneo di diverse organizzazioni nelle operazioni di ricerca e soccorso non ferma le morti in mare. Come già detto più volte, il volontariato non può sostituirsi alle Istituzioni: noi vogliamo una risposta a livello europeo per fermare questa vergognosa strage senza fine", ha dichiarato il presidente nazionale di Croce Rossa Italiana, Francesco Rocca.
"L'Oim - ha affermato Pete Sweetnam, direttore di Moas - stima che solo nel 2016 siano morte più di 3.500 persone nel Mediterraneo, ma questo è solo il numero delle morti accertate. È tempo di trovare alternative sostenibili a questi viaggi della morte". Mentre la Phoenix procede verso nord, la seconda nave di Moas - Responder - sempre parte della missione congiunta Moas-Cri, si sta dirigendo a Messina con 175 persone soccorse nella notte tra martedì e mercoledì. L'arrivo è previsto per le 7 di domani.
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