Lunedì 23 Dicembre 2024

Inchiesta Ciapi, chieste pene per 40 anni per i sei imputati

PALERMO. Al termine di un tour de force per chiudere al più presto il primo grado di giudizio (i reati si prescriveranno tra la fine del 2016 e la fine del 2017, solo i finanziamenti illeciti, qualora fossero dimostrati, si prescriveranno nel 2020), il pm Piero Padova ha chiesto la condanna a 40 anni di carcere per i sei imputati nel processo sul Ciapi di Palermo (un’altra tranche con altre contestazioni è in corso). Per il presunto inventore della truffa milionaria, Faustino Giacchetto, manager della pubblicità, sono stati chiesti 12 anni di reclusione. Per l'ex presidente dell'ente di formazione professionale, Francesco Riggio, il pm ha indicato la condanna a 9 anni, 4 per l'ex assessore regionale Luigi Gentile, così come per l'ex dirigente dell'Agenzia regionale per l'impiego, Rino Lo Nigro. Stefania Scaduto e Concetta Argento (rispettivamente segretaria e moglie di Giacchetto) rischiano 5 e 6 anni di carcere. Secondo l'accusa, Giacchetto avrebbe pianificato una mega truffa, creando un sistema illecito per gestire a suo piacimento, grazie alla presunta compiacenza di imprenditori, burocrati e politici, quindici milioni di euro destinati alla comunicazione del progetto Coorap. Ad accusare Giacchetto è stato anche il rappresentante legale della Sicily Communication, Angelo Vitale. Fatture gonfiate e operazioni immobiliari permettevano a Giacchetto, secondo quanto raccontato da Vitale che ha portato a riscontro le fatture e i bonifici emessi, di avere a disposizione milioni di euro, finanziati al Ciapi, con i quali acquistava orologi di lusso (Rolex e Patek Philippe), auto e perfino lavatrici, nonché pagava i lavori di ristrutturazione di casa sua e viaggi per politici: "Uno negli Usa - ha detto Vitale - a cui andò il deputato Francesco Cascio, uno in Tunisia dove andarono Scalia, Gentile e Sparma, uno a Capri a cui partecipò Scoma, e viaggi per la sua famiglia, come quello a San Giovanni Rotondo". Le posizioni di alcuni politici indagati sono state poi archiviate. Tra i bonifici anche quello da tremila euro fatto alla soubrette Sara Tommasi per cessione dei diritti d'immagine. "Giacchetto - ha puntualizzato Vitale - mi fece capire che i 'servizi' della soubrette non erano quelli scritti nel contratto, che tra l'altro non ho mai ricevuto controfirmato dalla Tommasi".

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