ROMA. Mahmoud Jrad, siriano di 23 anni residente a Varese, era pronto anche a farsi saltare in aria pur di liberare il suo paese dal regime di Assad. Nonostante le botte di suo papà, nonostante i mille divieti della sua famiglia.
A fermare il giovane che voleva andare in Siria e unirsi alle fila di Jabat al Nusra, il gruppo estremista islamico di origine quaedista, è stata la procura distrettuale antiterrorismo di Genova che ha arrestato Jrad e indagato altre sei persone, il fratello più giovane, tre imam (un albanese e due marocchini) e due marocchini che frequentavano le moschee salafite.
L'accusa è di associazione e arruolamento con finalità di terrorismo. Il fermo è scattato perchè Jrad e suo fratello erano pronti a partire. Gli investigatori della Digos, coordinati dal pm Federico Manotti, lo avevano intercettato mentre si informava sui costi del traghetto e dell'assicurazione per la macchina e dopo avere ottenuto il visto per la Turchia.
Mahmoud e suo fratello dovevano raggiungere Ancona da Varese con l'auto e imbarcarsi per la Grecia, poi verso la Turchia e infine in Siria. Mahmoud è un giovane combattuto, che si rifugia nella religione più ortodossa perchè sradicato dal suo Paese. Arriva a Varese nel 2012 per ricongiungersi con la sua famiglia: padre, madre e sette fratelli. Ma non riesce a integrarsi completamente e si avvicina sempre più ai salafiti che, secondo gli inquirenti lo indirizzano proprio a Genova.
Prima parte per la Siria nel 2015, poi torna e inizia a viaggiare verso la Liguria. Nel capoluogo ligure incontra tre imam più radicalizzati. In particolare un albanese che predica nel centro storico. Frequenta la moschea dove aveva pregato anche Giuliano Delnevo, il genovese morto in Siria nel 2013. Di Delnevo parla al telefono come un esempio da seguire, quasi un eroe. Quando viene a Genova dorme negli appartamenti sopra i luoghi di culto, ospitato dal circuito salafita. L'imam di Genova Hussain Salah condanna oggi episodio di radicalizzazione.
Il padre nega però che il figlio potesse essere un estremista. «Voleva solo incontrare la moglie - ha detto - che non ha ancora i documenti per venire in Italia». Ma intanto la famiglia gli mette al fianco il fratello più giovane, una sorta di angelo custode che impedisca a Mahmoud di compiere gesti estremi. È l'imam albanese il perno dell'inchiesta: è lui, sospettano gli inquirenti, che potrebbe indirizzare i giovani verso i contatti giusti in Siria delle truppe antiregime.
È lui che viene contattato anche dai tre libici arrestati nel porto genovese mentre sbarcavano da un traghetto proveniente dalla Tunisia con i documenti di auto di dubbia provenienza e foto sui telefoni di sentenze egiziane contro tre terroristi e foto di bimbi armati. Per il procuratore capo di Genova l'arresto «è un segnale importante della presenza delle forze dell'ordine che tengono sotto controllo soggetti potenzialmente pericolosi», mentre il ministro dell'Interno Angelino Alfano parla di un «successo investigativo di alto livello realizzato grazie alle norme antiterrorismo che in Italia funzionano».
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