PALERMO. «Prima ancora che l'ambiente, ad essere inquinato è l'intero sistema di gestione dei rifiuti nella Regione». Queste le conclusioni della relazione sulla Sicilia della commissione Ecomafie, presieduta da Alessandro Bratti, che racchiude in 400 pagine l'attività d'indagine parlamentare durata circa un anno. Il documento racconta del «continuo stato di emergenza» dovuto a situazioni «storiche ma ancora attuali» come il «perdurare della capacità d'infiltrazione nel sistema da parte di Cosa nostra, una diffusa e penetrante corruzione negli apparati amministrativi e il ricorso massiccio al sistema delle discariche». La relazione ricostruisce la «presenza di un sistema di illegalità diffuso e radicato che costituisce uno dei veri ostacoli ad un'autentica risoluzione delle problematiche esistenti ormai da decenni». «La regione Sicilia ha sulle spalle almeno un ventennio di evidenti e gravi criticità - viene spiegato - la situazione attuale, fatta di continue emergenze, risente pesantemente di scellerate scelte effettuate soprattutto dal 2002 in poi, quando la Sicilia scelse di costruire quattro mega inceneritori. Quella programmazione ha compromesso lo sviluppo della raccolta differenziata». Per quanto riguarda la situazione attuale, «i commissari hanno evidenziato come questa pesante eredità non è stata superata dall'attuale presidente della Regione, tant'è che oggi molti territori siciliani sono invasi dal pattume e l'idea di portare i rifiuti fuori Regione è la prova più lampante dell'attuale crisi di sistema». Secondo la relazione della commissione Ecomafie «il vero nodo è il sistema di controllo da parte delle amministrazioni pubbliche, con particolare riferimento alla Regione Sicilia»; un quadro che mostra da un lato «quanto i controlli regionali siano stati inesistenti» e dall'altro «dà prova di quanto nella Regione siciliana sia ramificata la corruzione». Inoltre, «il controllo del territorio tipico dell'associazione mafiosa ha poi reso possibile la realizzazione di discariche abusive di vaste proporzioni, prive di qualsiasi autorizzazione». Per quanto riguarda il sistema cosiddetto 'lecitò «l'infiltrazione avviene in modo più subdolo; sopravvengono in un secondo tempo, ovvero nel noleggio a freddo, nei subappalti, nelle assunzioni e anche nelle truffe e nelle corruzioni». La commissione mette poi in evidenza «la ricorrenza delle medesime società operanti nel settore dello smaltimento dei rifiuti in diverse inchieste giudiziarie». Nella relazione sono citati «gli esempi della Aimeri, del gruppo Biancamano, e della Gesenu, riconducibile all'imprenditore Manlio Cerroni». È per questo che viene ritenuto «fondamentale sviluppare un sistema di maggiore comunicazione tra le diverse procure italiane». Infine il documento parla di «azione meritoria della magistratura», e in particolare dell'efficacia «dell'intervento dell'Autorità anticorruzione».