Lunedì 23 Dicembre 2024

La commissione ecomafie: "Ormai da anni tutto il sistema rifiuti in Sicilia è inquinato"

PALERMO. «Prima ancora che l'ambiente, ad  essere inquinato è l'intero sistema di gestione dei rifiuti  nella Regione». Queste le conclusioni della relazione sulla  Sicilia della commissione Ecomafie, presieduta da Alessandro  Bratti, che racchiude in 400 pagine l'attività d'indagine  parlamentare durata circa un anno.     Il documento racconta del «continuo stato di emergenza»  dovuto a situazioni «storiche ma ancora attuali» come il  «perdurare della capacità d'infiltrazione nel sistema da parte  di Cosa nostra, una diffusa e penetrante corruzione negli  apparati amministrativi e il ricorso massiccio al sistema delle  discariche». La relazione ricostruisce la «presenza di un sistema di  illegalità diffuso e radicato che costituisce uno dei veri  ostacoli ad un'autentica risoluzione delle problematiche  esistenti ormai da decenni». «La regione Sicilia ha sulle spalle  almeno un ventennio di evidenti e gravi criticità - viene  spiegato - la situazione attuale, fatta di continue emergenze,  risente pesantemente di scellerate scelte effettuate soprattutto  dal 2002 in poi, quando la Sicilia scelse di costruire quattro  mega inceneritori. Quella programmazione ha compromesso lo  sviluppo della raccolta differenziata». Per quanto riguarda la  situazione attuale, «i commissari hanno evidenziato come questa  pesante eredità non è stata superata dall'attuale presidente  della Regione, tant'è che oggi molti territori siciliani sono  invasi dal pattume e l'idea di portare i rifiuti fuori Regione è  la prova più lampante dell'attuale crisi di sistema».     Secondo la relazione della commissione Ecomafie «il vero  nodo è il sistema di controllo da parte delle amministrazioni  pubbliche, con particolare riferimento alla Regione Sicilia»;  un quadro che mostra da un lato «quanto i controlli regionali  siano stati inesistenti» e dall'altro «dà prova di quanto  nella Regione siciliana sia ramificata la corruzione». Inoltre,  «il controllo del territorio tipico dell'associazione mafiosa  ha poi reso possibile la realizzazione di discariche abusive di  vaste proporzioni, prive di qualsiasi autorizzazione». Per  quanto riguarda il sistema cosiddetto 'lecitò «l'infiltrazione  avviene in modo più subdolo; sopravvengono in un secondo tempo,  ovvero nel noleggio a freddo, nei subappalti, nelle assunzioni e  anche nelle truffe e nelle corruzioni». La commissione mette  poi in evidenza «la ricorrenza delle medesime società operanti  nel settore dello smaltimento dei rifiuti in diverse inchieste  giudiziarie».      Nella relazione sono citati «gli esempi della Aimeri, del  gruppo Biancamano, e della Gesenu, riconducibile  all'imprenditore Manlio Cerroni». È per questo che viene  ritenuto «fondamentale sviluppare un sistema di maggiore  comunicazione tra le diverse procure italiane». Infine il  documento parla di «azione meritoria della magistratura», e in   particolare dell'efficacia «dell'intervento dell'Autorità  anticorruzione».

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