ROMA. "La realizzazione di alcune grandi infrastrutture ha confermato numerose criticità, quali le carenze nella progettazione e l'apposizione di numerose varianti e riserve". Lo dice il presidente dell'Autorità anticorruzione, Raffaele Cantone, alla presentazione della relazione annuale dell'Anac. "Anche a causa di lunghi e complessi contenziosi - osserva Cantone - molte opere si sono 'arenate' e non hanno ancora visto la luce. Tra queste figurano rilevanti infrastrutture viarie pensate per lo sviluppo del Mezzogiorno. È il caso dell'anello ferroviario di Palermo che, messo a bando nel giugno 2006, nell'ottobre 2015 registrava un avanzamento fisico pari al 3% dell'importo dei lavori, e dell'autostrada A14 Bologna-Taranto, per la quale sono stati sottoscritti ben tre accordi transattivi". "Diffuse anomalie - prosegue il presidente dell'Anac - sono state rilevate in relazione ad altre reti ferroviarie come l'Alta Velocità a Firenze e la Metro C di Roma. L'Autorità ha constatato, ancora una volta, le disfunzioni nel sistema di affidamento al contraente generale". "A dir poco paradossale - aggiunge - è poi la vicenda della diga sul Fiume Melito: inserita nei programmi della ex Cassa del Mezzogiorno, con progetto approvato nel 1982, ad oggi non solo l'opera non ha ancora visto la luce, ma è addirittura in fase di rivisitazione lo stesso intervento". Cantone ha parlato anche del piano anticorruzione delle amministrazioni: è rimasto sostanzialmente "un pezzo di carta". Sono stati esaminati 1900 piani, la cui qualità, sostiene, "appare modesta": l'analisi del contesto esterno è assente per oltre l'84% dei casi, la mappatura dei processi delle aree a rischio obbligatorie è di scarsa qualità in circa 3/4 dei casi, mentre le misure di trattamento del rischio sono adeguate solo in 4 casi su 10. "Queste criticità - evidenzia Cantone - sono confermate anche dall'attività di vigilanza: nel corso del 2015, sono stati aperti ben 929 procedimenti istruttori, alcuni relativi ad importanti amministrazioni come Roma Capitale e il ministero dello Sviluppo economico". "L'attuazione insoddisfacente del Pna - secondo il presidente dell'Anticorruzione - è riconducibile a diversi fattori: in primis, le difficoltà organizzative delle amministrazioni, complice la scarsità delle risorse finanziarie, ma anche un diffuso atteggiamento di mero adempimento formale, limitato ad evitare le responsabilità in caso di mancata adozione del Piano. A ciò si aggiunge il problema, sempre più evidente, dell'isolamento del Responsabile della prevenzione della corruzione (Rpc) nella formazione e nell'attuazione del Piano, a fronte del sostanziale disinteresse degli organi di indirizzo politico, che il più delle volte si limitano a ratificare il suo operato, approvando il Piano senza alcun approfondimento o supporto reale all'attività".